Global Project Trento
Galleria di immagini della manifestazione: più di 1000 persone al corteo NO TAV /KEIN BBT
Sabato 10 marzo ’07
Ritrovo ore 14 in piazza Mazzini a Bolzano. Per chi arriva in treno, ritrovo ore 13.30 in stazione FS a Bolzano. Al termine della manifestazione, alle ore 17.30 circa, si svolgerà un’assemblea del Patto nazionale di mutuo soccorso.
“Se e’ il nostro modo di vivere e di consumare che ci porta ad una scelta obbligata, non bisogna mettere in discussione ciò che questa strada ci offre, ma la strada stessa”.
Quando sentiamo parlare di TAV, pensiamo subito alla Val Susa e al movimento di opposizione delle sue popolazioni per la difesa del proprio territorio; sarà anche per questo che in Trentino-Alto Adige i promotori del TAV hanno sempre parlato invece di “quadruplicamento” della linea storica, perché parlare di TAV significa evocare spettri di strenua resistenza popolare e di una devastazione ambientale annunciata. Tecnici e amministratori lavorano da anni sul progetto nel più assoluto silenzio, senza che gli stessi abitanti delle zone coinvolte abbiano avuto la possibilità di rendersi conto dell’entità di questa ennesima grande opera. A pochi mesi dall’inizio dei lavori, pochi ancora sanno che quella che si vuole realizzare tra Verona e Monaco è in realtà una nuova linea ad alta velocità/alta capacità, a sua volta parte del c.d. corridoio 1 che dovrebbe collegare Palermo con Berlino passando per il Ponte sullo stretto di Messina. Le dimensioni del progetto, che prevede la realizzazione di un tunnel di base di 56 km tra Fortezza ed Innsbruck del tutto simile a quello che si vorrebbe costruire tra Venaus e Saint Jean de Maurienne, sono, ancora una volta, semplicemente deliranti: un totale di oltre 240 km di gallerie tra le montagne (visto che le valli interessate dal progetto sono già occupate da un’autostrada, una statale, una ferrovia a doppio binario ed un fiume), 15 milioni di metri cubi di materiale inerte prodotto dagli scavi, quasi 5 miliardi di euro di spesa per il solo tunnel di base, il 2030 come folle traguardo per la fine dei lavori. Gli impatti sull’ambiente sarebbero altrettanto devastanti: danni irreversibili alle falde acquifere, montagne sventrate, perdita di terreno agricolo, cantieri, discariche, emissioni nocive, polveri, per almeno vent’anni di lavori.
A fronte di uno scenario del genere e di un’opera di queste dimensioni, le motivazioni addotte dai promotori per giustificarne la realizzazione si sono rivelate, una dopo l’altra, inconsistenti: anche qui, come in Val Susa, hanno cercato di farci credere che la linea storica fosse satura, quando in realtà essa è utilizzata al 40% delle sue potenzialità. Si tace sul fatto che l’alto numero di merci che ogni anno in effetti transita dal Brennero è legato in realtà alle basse tariffe autostradali: attuando una politica reale di disincentivazione del traffico su gomma, la Svizzera è già riuscita nell’intento di diminuire drasticamente il numero di Tir transitanti tra le sue montagne e di spostare su ferro una considerevole fetta del suo traffico merci. Evidentemente, in Trentino-Alto Adige manca invece una volontà politica chiara in questa direzione: molto più conveniente, per loro, sventrare le montagne, prosciugare le falde acquifere, perseguire un modello forsennato di sviluppo che risponde solo ai loro interessi e che lega, in una macabra danza di collasso planetario, la folle corsa delle merci da una parte all’altra d’Europa alla delocalizzazione delle industrie, alla precarizzazione del lavoro e dell’esistente, fino all’incenerimento finale dei rifiuti. Rifiuti di quelle stesse merci che, grazie all’Alta Velocità, hanno girato mezzo mondo, per poi venirci restituite sotto forma di diossine. Vogliamo veramente vivere in una valle trasformata in un corridoio di servizio per le merci?
Se chiaramente ormai ci appare quale sia la logica che si cela dietro il folle progetto dell’Alta Voracità, è allora nostro compito opporci. Se chiaramente ci appare come le varie nocività che tentano di imporci – inceneritori, impianti di risalita, rigassificatori, grandi opere, basi di guerra – sono legate fra loro in un vero e proprio sistema di devastazione, è allora vero che l’Italia stessa si è trasformata in un grande cortile che tocca a tutti noi custodire. In Val di Susa come a Vicenza, a Scanzano come a Venezia, a Messina come ai Giovi, difendere le nostre montagne ed i nostri territori significa anche difenderci da un modello di sviluppo insostenibile, significa difendere il nostro presente ed il futuro dei nostri figli, significa auto organizzarci per riprenderci la possibilità di decidere in prima persona, significa sperimentare nuove forme di vita quotidiana, consapevoli – come la vita nei presidi ci ha insegnato – che il mondo si cambia a partire dall’esistente, dalla condivisione, dalla comunione degli affetti e dalla solidarietà delle lotte. La mobilitazione del 10 marzo a Bolzano – che vuole essere pacifica, colorata, rumorosa e senza bandiere di partito – sarà il primo passo per rilanciare con forza, anche al Brennero, l’opposizione all’alta velocità.
“Se e’ il nostro modo di vivere e di consumare che ci porta ad una scelta obbligata, non bisogna mettere in discussione ciò che questa strada ci offre, ma la strada stessa”.
Quando sentiamo parlare di TAV, pensiamo subito alla Val Susa e al movimento di opposizione delle sue popolazioni per la difesa del proprio territorio; sarà anche per questo che in Trentino-Alto Adige i promotori del TAV hanno sempre parlato invece di “quadruplicamento” della linea storica, perché parlare di TAV significa evocare spettri di strenua resistenza popolare e di una devastazione ambientale annunciata. Tecnici e amministratori lavorano da anni sul progetto nel più assoluto silenzio, senza che gli stessi abitanti delle zone coinvolte abbiano avuto la possibilità di rendersi conto dell’entità di questa ennesima grande opera. A pochi mesi dall’inizio dei lavori, pochi ancora sanno che quella che si vuole realizzare tra Verona e Monaco è in realtà una nuova linea ad alta velocità/alta capacità, a sua volta parte del c.d. corridoio 1 che dovrebbe collegare Palermo con Berlino passando per il Ponte sullo stretto di Messina. Le dimensioni del progetto, che prevede la realizzazione di un tunnel di base di 56 km tra Fortezza ed Innsbruck del tutto simile a quello che si vorrebbe costruire tra Venaus e Saint Jean de Maurienne, sono, ancora una volta, semplicemente deliranti: un totale di oltre 240 km di gallerie tra le montagne (visto che le valli interessate dal progetto sono già occupate da un’autostrada, una statale, una ferrovia a doppio binario ed un fiume), 15 milioni di metri cubi di materiale inerte prodotto dagli scavi, quasi 5 miliardi di euro di spesa per il solo tunnel di base, il 2030 come folle traguardo per la fine dei lavori. Gli impatti sull’ambiente sarebbero altrettanto devastanti: danni irreversibili alle falde acquifere, montagne sventrate, perdita di terreno agricolo, cantieri, discariche, emissioni nocive, polveri, per almeno vent’anni di lavori.
A fronte di uno scenario del genere e di un’opera di queste dimensioni, le motivazioni addotte dai promotori per giustificarne la realizzazione si sono rivelate, una dopo l’altra, inconsistenti: anche qui, come in Val Susa, hanno cercato di farci credere che la linea storica fosse satura, quando in realtà essa è utilizzata al 40% delle sue potenzialità. Si tace sul fatto che l’alto numero di merci che ogni anno in effetti transita dal Brennero è legato in realtà alle basse tariffe autostradali: attuando una politica reale di disincentivazione del traffico su gomma, la Svizzera è già riuscita nell’intento di diminuire drasticamente il numero di Tir transitanti tra le sue montagne e di spostare su ferro una considerevole fetta del suo traffico merci. Evidentemente, in Trentino-Alto Adige manca invece una volontà politica chiara in questa direzione: molto più conveniente, per loro, sventrare le montagne, prosciugare le falde acquifere, perseguire un modello forsennato di sviluppo che risponde solo ai loro interessi e che lega, in una macabra danza di collasso planetario, la folle corsa delle merci da una parte all’altra d’Europa alla delocalizzazione delle industrie, alla precarizzazione del lavoro e dell’esistente, fino all’incenerimento finale dei rifiuti. Rifiuti di quelle stesse merci che, grazie all’Alta Velocità, hanno girato mezzo mondo, per poi venirci restituite sotto forma di diossine. Vogliamo veramente vivere in una valle trasformata in un corridoio di servizio per le merci?
Se chiaramente ormai ci appare quale sia la logica che si cela dietro il folle progetto dell’Alta Voracità, è allora nostro compito opporci. Se chiaramente ci appare come le varie nocività che tentano di imporci – inceneritori, impianti di risalita, rigassificatori, grandi opere, basi di guerra – sono legate fra loro in un vero e proprio sistema di devastazione, è allora vero che l’Italia stessa si è trasformata in un grande cortile che tocca a tutti noi custodire. In Val di Susa come a Vicenza, a Scanzano come a Venezia, a Messina come ai Giovi, difendere le nostre montagne ed i nostri territori significa anche difenderci da un modello di sviluppo insostenibile, significa difendere il nostro presente ed il futuro dei nostri figli, significa auto organizzarci per riprenderci la possibilità di decidere in prima persona, significa sperimentare nuove forme di vita quotidiana, consapevoli – come la vita nei presidi ci ha insegnato – che il mondo si cambia a partire dall’esistente, dalla condivisione, dalla comunione degli affetti e dalla solidarietà delle lotte. La mobilitazione del 10 marzo a Bolzano – che vuole essere pacifica, colorata, rumorosa e senza bandiere di partito – sarà il primo passo per rilanciare con forza, anche al Brennero, l’opposizione all’alta velocità.
Ribellarsi è giusto!
Sul sito www.pattomutuosoccorso.org è disponibile il dossier completo sul TAV del Brennero.
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