31.12.06

Speciale CSA Bruno dal Trentino del 31.12.'06

Parlano le ragazze dell’ex Zuffo «Questo è un luogo di amicizia»

«Siamo un laboratorio di donne e uomini nuovi, chiamati un giorno non lontano a dare risposte a nuovi interrogativi», scrive Silvia Cristofolini, figlia di un medico del lavoro, reduce da un anno a Berlino, dove le Comuni si chiamano «Hausprojekte». E’ una delle ragazze del Centro sociale autogestito Bruno, che il consiglio comunale vuole sgomberare dopo tre mesi di occupazione abusiva all’ex Zuffo, in seguito all’approvazione di un ordine del giorno proposto da Emilio Giuliana (Fiamma Tricolore). «Un centro sociale chiede risposte non omologanti a domande diverse». Silvia replica così al Palazzo che vuole liquidarli. Ora grattando con un’unghiata la vernice dei luoghi comuni sui Disobbedienti ecco spuntare una generazione non pacificata, a cui questa città «dà il sapore della plastica», ma meno stereotipata di quel che si pensi. Don Maffeis ha definito «profetica» la loro esperienza. Alcuni di loro trascorreranno Capodanno con i clochard. Ora le otto testimonianze che riportiamo aprono uno squarcio di cos’è stata in queste settimane la vita dentro il centro sociale Bruno. «Qui non c’è la playstation, non c’è la fumettoteca: fa freddo e non c’è stato un giorno nel quale non abbiamo lavorato», racconta Elisa Franceschi. E’ quindi una gioventù cresciuta a pane e internet (questi racconti sono stati scritti e spediti via mail in un soffio), adusa a pensare più veloce della politica. «Mi piacerebbe molto che prima di sgomberarci il sindaco Pacher venisse a vedere questo luogo per farsi un’idea della cavolata che sta per fare a Trento. Se Bruno chiuderà realmente sarà la fine di un luogo di amicizia, lealtà, divertimento».
(c.ve.)


«Un laboratorio di uomini e donne nuovi»

«Al mio rientro da Berlino, il 4 ottobre di quest’anno, mi trovai immediatamente a dover affrontare il mio smarrimento. Dopo un anno vissuto a diretto contatto con decennali esperienze di autoorganizzazione in quelli che chiamiamo Hausprojekte, la mia percezione evidentemente mutata dall’esperienza nella grande metropoli mi dava la sensazione di essere piombata nella vetrina di un’agenzia di viaggi.
Cercavo qualcosa che mi sembrasse concreto, vivo, qualcosa che non avesse per me il sapore della plastica. Cercavo una traccia degli avvenimenti che da lontano avevo seguito sul web, espressione delle più varie realtà di disagio che anche qui, nell’ombra, esistono, come i fatti della ex Sloi, le proteste seguite ai rastrellamenti di Piazza Dante, o ancora l’azione lampo avvenuta nel Parco di Gocciadoro. Sapevo però che di lì a poco avrebbe preso vita il Centro sociale autogestito Bruno. Quest’idea mi faceva sentire sollevata.
Un’azione di occupazione come quella dello stabile nell’area Zuffo rappresenta innanzitutto la volontà da parte di ragazzi di riportare alla comunità spazi inutilizzati e lasciati al degrado; il Centro sociale autogestito che naturalmente e di conseguenza qui nasce è il luogo dove le prospettive “global” di giovani e di migranti possono avere voce, in un progetto sociale che non cade dall’alto, bensì partecipato ad ogni livello e nato dai bisogni veri, e dove essi non siano solo consumatori, ma piuttosto gestori responsabilizzati.
Un centro sociale autogestito chiede risposte non omologanti a domande diverse; se le occasioni di aggregazione sono unicamente quelle proposte dai locali commerciali, dove si beve e basta, ecco che l’autogestione rappresenta una possibilità di contrastare un problema grave, quello dell’alcolismo giovanile, attraverso la necessità di adottare un’Etica della responsabilità interpersonale che, integrando e aggregando, dia nuova linfa alla politica intesa nella sua accezione più alta di gestione della cosa pubblica oggi per domani. Il nostro Bruno si propone come un calderone, un laboratorio di donne e uomini nuovi, chiamati un giorno non lontano a dare risposte a nuovi interrogativi, alcuni posti davvero per la prima volta. Siamo giovani e migranti che odorano di futuro, ai quali però la comunità trentina offre prospettive non facili. Glocal non può essere solo vendere world wide i prodotti doc trentini.
La Comunità intera del Trentino e tutta la città di Trento si dovranno occupare di questioni che adesso ancora non sentono come problemi vicini, o forse solo si sono voltati dall’altra parte per poter fingere di non aver visto. Queste però sono questioni di domani di cui il Bruno si fa testimone e portavoce già oggi.
Silvia Cristofolini


«Ho 15 anni, frequento quasi quotidianamente il Centro sociale Bruno e oltre a trovarci un posto dove passare del tempo con i miei amici trovo che sia un luogo dove i miei ideali possano trovare sfogo liberamente. Per me, con i pensieri di libertà e fraternità verso tutti, un centro sociale come il nostro, costruito con le nostre fatiche, pomeriggio dopo pomeriggio, può essere una preziosa fonte di conoscenza per affrontare la società attuale con occhi più critici. Il Bruno deve rappresentare per i giovani, ma anche per tutto il resto della cittadinanza, una possibilità di far uscire il lato disobbediente che si trova in ognuno di noi, per ribellarsi alle ingiustizie che ogni giorno nascono nella tranquilla cittadina di Trento, ma anche in contesto globale, perché in fondo siamo tutti cittadini del mondo! Cconsidero il Centro sociale Bruno come una seconda famiglia, dato che penso che esistano due famiglie, una che ti ritrovi dalla nascita e una che ti crei in seguito a varie esperienze».
Marzia Deflorian


«Ho ventun anni. Nata e cresciuta a Trento, città troppo pigra e chiusa ad un mondo in continuo movimento, non mi sono mai sentita libera di esprimere quelli che sono i miei sogni e le mie necessità, ma solo di adeguarmi. Per qualche anno ho a Venezia, studiavo a Ca Foscari, poi a Bologna e poi in Toscana, ho fatto anche tanti lavori. Poi quest’estate sono tornata in città e ho ritrovato la cara vecchia Tana. E qui mi sono fermata, perché ho sentito il bisogno di farlo. Perché mi sono sentita parte di un’entità che voleva davvero cambiare le cose, una realtà che cercava di evolversi per dare spazio a tutte quelle idee e forme d’espressione che stavano rimanendo schiacciate. E così è nato il Bruno. La casa che abbiamo creato, pezzo dopo pezzo, sogno dopo sogno, mi ha convinta a rimanere nella città da cui per anni ho cercato di scappare e mi ha permesso di tornare a credere nei sogni».
Stefania Veneri


«Pensare di lasciare questo posto perché delle persone che probabilmente non sono nemmeno mai entrate dicono che è sbagliato e pericoloso mi sento male, la mia rabbia cresce. Ho 15 anni e l’anno scorso ho conosciuto dei ragazzi che stavano in Tana e mi sono sentita subito bene insieme a loro e abbiamo partecipato a molte attività, abbiamo parlato, discusso, ragionato. Ho trovato un gruppo, una compagnia con cui riuscivo a stare in serenità, tutti interessati alla politica e alle questioni della società di oggi, ma la tana non poteva andare avanti, per la mancanza di soldi, così abbiamo deciso assieme di liberare uno spazio inutilizzato per continuare il nostro percorso, per riuscire a far proseguire questo gruppo, unito e con una gran voglia di crescere.
Adesso siamo qui in un posto dove possiamo continuare ad esprimere le nostre speranze e la nostra voglia di fare. Non possono toglierci questo posto perché vuol dire rovinare una delle cose più belle che siamo riuscite a creare».
Giulia De Carli


«Ho 17 anni e frequento il Csa Bruno, già da prima ero partecipe al movimento della Tana e in particolare con la rete degli studenti. Ho conosciuto grazie a questi luoghi molte persone con interessi e vite differenti, la cosa che entrando in contatto con questi compagni mi ha colpito da subito è l’assenza di pregiudizi. A differenza di altre realtà questa pone l’attenzione su argomenti che molto spesso non sono valutati. Ho sempre voluto dare concretezza al mio bisogno di migliorare la realtà in cui vivo, poiché spesso mi delude. Quando penso che ci vogliono sgomberare, mi viene da piangere, ma non per noi, perché noi troveremo un altro posto. Mi piacerebbe molto che prima di sgomberarci il sindaco Pacher venisse a vedere questo luogo per farsi un’idea della cavolata che sta per fare a Trento. Se Bruno chiuderà realmente sarà la fine di un luogo d’amicizia, lealtà e divertimento».
Francesca de Petris


«Ho 19 anni, sono iscritta al primo anno di Sociologia, indirizzo Spie. Provengo dal collettivo studentesco del Liceo Rosmini. Il 10 ottobre ho preso parte all’occupazione della palazzina dell’Ex Zuffo, che è diventa il Centro Sociale Autogestito Bruno. Bruno esiste ormai da quasi tre mesi, porta con sé valori importanti, ho trovato persone che sono diventate i miei fratelli e le mie sorelle. Al Bruno non c’è la Playstation, non c’è la fumettoteca: fa freddo e non c’è stato un solo giorno nel quale non abbiamo lavorato. Bruno non ha orari e le sue regole sono imposte solo dal buonsenso. Ho conosciuto un sacco di gente stando dietro ad un bancone. Perché ci trovo la mia famiglia. Perché si respira aria di casa. Perché per accendere il fuoco nella stufa in sala grigia ci vogliono sei persone e un’ora e mezza. Perché c’è bisogno di una alternativa. Perché Bruno è l’unico posto dove ho visto Dona provare a parlare inglese. Perché al Bruno faccio politica e biopolitica. Perché Bruno non è fascista, né razzista, né omofobo. Perché al Bruno arriva la navetta ogni quarto d’ora. Perché il Bruno non è perfetto e nemmeno vuole diventarlo. Perché sul muro delle facce al posto di Lenin è apparsa la foto segnaletica del nonno di Christian».
Elisa Franceschi


«Non è molto comune vivere da 19 anni a Folgaria e passare tutto il proprio tempo libero a Trento, in un centro sociale. O almeno è la gente a guardarti male quando cerchi di spiegare perché ogni sabato preferisci passare la serata a spillare birra dietro al bancone del Bruno piuttosto che andare a divertirti con «i soci» in qualche bar figo. La verità è che ho sempre odiato l’idea di passare l’intera esistenza in un paesino che - per quanto pittoresco possa apparire ai turisti che a Natale e a Ferragosto raggiungono Folgaria per sfuggire al caos delle grandi città - non offre alcuna prospettiva ai propri abitanti, tanto meno ai giovani. Giovani che vengono considerati dei piccoli adulti, individui la cui massima aspettativa è finire la scuola al più presto per poter cominciare a lavorare a tempo pieno e rendersi indipendenti dai genitori per quanto riguarda benzina e ricarica del cellulare. Ciò che mi spinge ad allontanarmi da questo tipo di realtà per avventurami in un mondo quale quello del Bruno è il fatto che questo mondo è diverso. Ciò che anima i giovani che hanno occupato l’edificio presso il parcheggio Zuffo è la speranza di poter mettere in pratica i propri sogni, mettendosi in gioco».
Francesca Manzini


«Sono una delle ragazze che frequentano il Csa Bruno, vengo da Rovereto e ho 16 anni. Data la mia predisposizione per i luoghi di comunità e il dibattito, un mio operatore me ne ha parlato, così una sera sono venuta in prima persona a visitarlo e a incontrare alcuni dei ragazzi. Nella realizzazione del Bruno i ragazzi si sono divertiti, hanno sudato, sono riusciti a conciliare i loro impegni quotidiani, tutti incitati da idee e speranze e sono fermamente convinta: ci sono riusciti. Sono estremamente contenta di essere finalmente riuscita a trovare delle persone prive di pregiudizi come invece è la realtà in cui viviamo. Ci divertiamo insieme, ridiamo, collaboriamo, abbiamo trovato molte idee comuni o con sfumature diverse, poi discutiamo delle necessità di una vita sociale trascurata, tentiamo la sensibilizzazione della gente che ci circonda e veniamo subito etichettati come pericolosi solo perché i giovani dovrebbero imparare nozioni a scuola senza crearsi degli ideali. Noi abbiamo deciso di spiegare le ali e aprire gli occhi su un mondo che degenera di giorno in giorno. Dopo un tale impegno ci viene detto che il Bruno verrà sgomberato e non vi è frase peggiore perché tutti hanno scritto articoli su di noi, hanno discusso di noi, ma il tutto senza interpellarci».
M’Barka Gorria

Capodanno 2007 - Una notte di RIVOLTA

Il capodanno 2007 è al Cso Rivolta, p.le Carlo Giuliani Marghera (Venezia)

Centri Sociali del NordEst presentano:
Capodanno 2007: "Una Notte di RIVOLTA"
Per gli spazi sociali contro la cultura del proibizionismo

IN THE CITY ROOM (Revival ’70 -’80 -’90) Dj-set by Radio Sherwood
Dj Nestor

SHANTY TOWN ROOM (Reggae Dancehall)
BomChilom Sound
VibraBona

OPEN SPACE ROOM
Capodanno Senegalese

Inizio serata alle ore 23.00
Entrata 5.00 Euro

Promuovono:
Cso Rivolta - Marghera (Ve)
Cso Pedro - (Padova)
Laboratorio occupato Morion - (Venezia)
Laboratorio Fuori controllo - Monselice (Pd)
Centro Sociale ChioggiaLab - Chioggia (Ve)
Nuovo Capannone Sociale - (Vicenza)
Ubik Lab - Ponzano veneto - (Treviso)
Cso Clandestino - Gorizia
Casa delle Culture - Trieste
Csa Bruno - Trento
Coordinamento Liberazone - Schio (VI)

Per informazioni:
www.sherwood.it
www.csorivolta.org

30.12.06

Comunicato dall'assemblea del CSA Bruno

Negli ultimi giorni, anche a seguito della proposta di dieci personalità della città di Trento di porsi come garanti, il CSA Bruno ha riscontrato nelle parole dell'amministrazione comunale, nella figura del Sindaco Pacher, un'apertura nei confronti della prospettiva di una legalizzazione del Centro Sociale all'interno della palazzina Ex-Zuffo. Dall'incontro avuto con i garanti traspare la possibilità della concessione in comodato d'uso dello spazio che da quasi tre mesi vede susseguirsi le iniziative, sociali, politiche e culturali del Centro Sociale Autogestito Bruno. A questa soluzione, dice sempre l'amministrazione, si può arrivare dopo temporaneo rilascio della struttura. L'assemblea del CSA Bruno che si è riunita ieri sera, e che ha continuato la discussione nella giornata di oggi, non può che vedere positivamente un'apertura di questo tipo da parte di un'amministrazione che ha finalmente riconosciuto l'importanza del protagonismo sociale di quella parte di cittadinanza attiva che il 10 ottobre ha deciso di entrate nello stabile abbandonato dell'Ex-Zuffo. A fronte di questa apertura, la stessa assemblea intende riporre nelle intenzioni dell'Amministrazione una fiducia condizionata al chiarimento di alcuni punti tecnici che rimettiamo al confronto, in un nuovo incontro da fissare, tra la stessa Amministrazione e i nostri garanti. In questa prossima riunione i garanti comunicheranno la data del rilascio temporaneo del Csa Bruno, indicativamente nei primi giorni di gennaio.

L'assemblea del Csa Bruno

A che punto siamo? Aggiornamenti dall'assemblea

Negli ultimi giorni, anche a seguito della proposta di dieci personalità della città di Trento di porsi come garanti, il CSA Bruno ha riscontrato nelle parole dell’amministrazione comunale, nella figura del Sindaco Pacher, un’apertura nei confronti della prospettiva di una legalizzazione del Centro Sociale all’interno della palazzina Ex-Zuffo.
Dall’incontro avuto con i garanti traspare la possibilità della concessione in comodato gratuito dello spazio che da quasi tre mesi vede susseguirsi le iniziative, sociali, politiche e culturali, del Centro Sociale Autogestito Bruno. A questa soluzione, dice sempre l’amministrazione, si può arrivare dopo temporaneo rilascio della struttura.
L’assemblea del CSA Bruno che si è riunita ieri sera, e che oggi pomeriggio alle 17.00 proseguirà nella discussione, non può che vedere positivamente un’apertura di questo tipo da parte di un’amministrazione che raramente ha riconosciuto l’importanza del protagonismo sociale di quella parte di cittadinanza attiva che il 10 ottobre ha deciso di entrate nello stabile abbandonato dell’Ex-Zuffo.
D’altra parte a fronte di questa apertura la stessa assemblea sente la necessità, anche in seguito ad esperienze passate infruttuose (come nel caso della Palazzina Liberty), di chiedere alcune garanzie tecniche supplementari che permettano di riporre una piena fiducia nelle parole del Sindaco Pacher.
Di questi aspetti che possano portare ad avere la certezza della legalizzazione del CSA Bruno e di tutto ciò che al suo interno è stato costruito e si costruirà l’assemblea continuerà a parlare oggi pomeriggio.

Cronistoria attraverso la rassegna stampa dell’ultima concitata settimana:
30.12.’06: Da «Bruno» sì alla trattativa con il Comune
29.12.’06: Sgomberate subito la palazzina ex Zuffo, poi trattiamo
28.12.’06: Ex Zuffo in prestito ai Disobbedienti
27.12.’06: Cacciate no global e nomadi
24.12.’06: Approvato un ordine del giorno per lo sgombero di un centro sociale. E di un campo nomadi

La contesa sull’ex Zuffo: Io sto con loro

Credo che mai come oggi sia importante ed istruttivo saper fare valere le proprie ragioni, quando queste aiutano a vivere meglio tutti, anche quando queste contrastano con le “Istituzioni”. Mai come oggi le “Istituzioni” (e chi in questo contenitore si riconosce) sono legittimate a farsi legge - nonostante la legge - per la dimostrazione di inadeguatezza e a volte di irritazione, per come si adoperano nei confronti della popolazione più disagiata e indifesa. La contesa in atto tra Comune (Pacher) e i “ragazzi” (ex Tana) che hanno giustamente recuperato (ma quale occupazione?) a miglior uso una casa (ex Zuffo) in disuso restituendole aria e vita e dando luogo a un Centro Culturale dove si incontrano, vite parallele e trasversali, desiderose di capire se c’è un futuro fuori dalle palle della storia e dalle bancarelle di Natale, potrebbe essere occasione di dialogo e non di mediazione che precede lo scontro. E invece siamo all’assurdo che devono intervenire personalità di prestigio per impedire uno sgombero armato. Impedire che il Comune di sinistra (succube della destra) affondi nella vergogna di affossare uno dei rari momenti di sperimentazione e di ricerca, di discussione e di pratica politica, di libera scelta di volontariato giovanile. Disorienta che il sindaco da una parte ne lodi il generoso impegno e contemporaneamente ne condanni l’azione. Come se “fare” significhi solo parlare. Se i giovani di Trento (qualche anno fa) non avessero occupato, il parco di Santa Chiara non ci sarebbe. Se i cittadini di Centochiavi non si fossero mossi al posto del parco ci sarebbe la quarta torre, e così via. Il sindaco dovrebbe applaudire a queste iniziative (tra l’altro fuori dal centro città) perché dopo l’occupazione e sgombero della palazzina Liberty si era impegnato, tramite l’assessora Plotegher, di trovare una soluzione ai problemi dei giovani (non è mai avvenuta). Che i “saggi” facciano pure i mediatori, ma io sto dalla parte dei giovani che occupano la palazzina nell’area ex Zuffo. C’è un diritto dalla loro parte che è frutto del loro impegno ed è quello di essersela guadagna sul campo.

Antonio Marchi

29.12.06

Dagli Amici del Chiapas: Vacanze di Natale 2006

Vacanze di Natale 2006. L’amministrazione comunale incontra la cittadinanza. Dopo il panettone, i brindisi e lo zucchero filato in Piazza Italia sono arrivate le questioni di ordine pubblico. Su tre punti dell’ordine del giorno di Emilio Giuliana, esponente di Fiamma Tricolore, approvati con il decisivo aiuto dei consiglieri della Margherita, sentiamo il dovere di fare alcune precisazioni. Per comodità del lettore riassumiamo i tre punti:
  • controlli e repressione verso gli extra-comunitari in Piazza Dante,
  • espulsione dei nomadi in rivitalizzatasosta vietata,
  • sgombero dell’area ex-Zuffo, dal C.S.A. Bruno, luogo in cui si sono svolte interessanti iniziative di carattere sociale e culturale.
Il sindaco Pacher, in un’intervista, ha giudicato “non condivisibile” il linguaggio della mozione. Ma ha votato i due punti relativi a Piazza Dante e ai nomadi. Sull’area ex-Zuffo si è astenuto. Ma quando si intende opporsi a qualcosa si vota NO.
Ci troviamo di fronte a un cofferatismo strisciante? La legalità come valore comune? Né di destra, né di sinistra?
Il feticcio della legalità è sempre servito per imporre, in una veste apparentemente asettica e imparziale, la dura realtà dei rapporti di forza esistenti nella società. C’è forse qualcuno che pensa che lo stesso reato sia punito nello stesso modo se a commetterlo sono, rispettivamente, un nomade, un immigrato, magari clandestino, o un italiano, magari ricco? Per gli stranieri, si è persino inventata una legalità extralegale, i CPT in cui viene rinchiuso qualunque cittadino straniero colpevole solamente di non aver i documenti in regola, senza aver compiuto nessun reato specifico. Nuovi lager che umiliano la dignità delle persone e della giustizia. E questo sarebbe “né di destra, né di sinistra”?
Mentre coloro che hanno saccheggiato il territorio; quelli che hanno usato l’amianto pur sapendo che è mortalmente pericoloso; quelli che raccontano bugie sugli inceneritori per poterne fare degli altri, quelli che fanno viaggiare treni merci con materiale tossico senza rispettare la normativa vigente, quelli che progettano un treno a velocità, la TAV, bucando montagne per centinaia di chilometri, mettendo a rischio falde acquifere e la stessa salute dei cittadini e l’ambiente, quelli che costringono milioni di lavoratrici e lavoratori ad un lavoro sempre più precario e insicuro, quelli che con il denaro pubblico finanziano la scuola privata, condannando al degrado quella pubblica mentre programmano ignoranza storica e cancellazione della memoria ... tutti costoro vanno avanti a testa alta e non si trovano norme che possano fermarli e proteggere veramente i cittadini.
Che hanno fatto i consiglieri della Margherita? Si sono accodati al neofascista Giuliana, a Forza Italia, alla Lega Nord e hanno criminalizzato gli esclusi e un gruppo di giovani che hanno restaurato a loro spese uno stabile dismesso per creare uno spazio di dibattito politico democratico, aperto e autogestito.
Il centro-sinistra si avvicina paurosamente alla destra, ma lo maschera ipocritamente. Come possono sostenere di fronte ai cittadini che i punti votati siano neutri mentre solo la premessa ideologica sarebbe stata inaccettabile? Per di più per questioni di linguaggio, come ha detto il sindaco Pacher! Da quando in qua la differenza fra democrazia e fascismo è una mera differenza di linguaggio? I consiglieri della Margherita hanno votato assieme ai partiti della destra neoliberista; assieme a quelli che vogliono cambiare la Costituzione nata dall’Antifascismo e dalla Resistenza; assieme a quelli che fanno del razzismo e della xenofobia la loro ragion d’essere; assieme a quelli che si considerano eredi della Repubblica di Salò. Per Trento è veramente un momento molto buio!
Noi quattro ostinati, quattro gatti continueremo a lottare, in basso a sinistra, a fianco di tutti gli oppressi, degli ultimi, dei senza volto, per la dignità e una migliore umanità. Da qui immaginiamo, come nel film Miracolo a Milano, tutti quelli che subiscono uno sgombero – che siano poveri delle città, marginali, folli, eretici, attivisti sociali – in volo con le loro scope magiche, verso un mondo in cui buongiorno voglia dire buongiorno, in cui libertà voglia dire giustizia e giustizia voglia dire libertà, per tutti!

Amici del Chiapas di Trento

27.12.06

Via i nomadi. La Margherita vota con i fascisti

fonte: il Manifesto del 24.12.’06

Approvato un ordine del giorno per lo sgombero di un centro sociale. E di un campo nomadi
di Stefano Ischia

Intolleranza a Trento, anche in consiglio comunale, contro i nomadi. E contro il centro sociale Bruno. Con i voti determinanti della Margherita è passato in aula un ordine del giorno repressivo proposto dalla Fiamma tricolore e sostenuto da tutto il centrodestra. La maggioranza di centrosinistra, pur contrari i diessini (mentre Rifondazione e Italia dei Valori sono all’opposizione), ha sposato la linea prevaricatoria di Emilio Giuliana, consigliere della Fiamma tricolore. E così si è deciso lo sgombero forzoso del centro sociale e, «per problemi di igiene e sicurezza», delle aree industriali di Trento-nord occupate da nomadi. Punto, quest’ultimo, su cui anche il sindaco diessino Alberto Pacher si è detto favorevole, precisando ad ogni modo che «il provvedimento non è contro i campi nomadi ma sui gruppi di nomadi vaganti che prendono possesso di altre aree della città. I campi vanno bene e li teniamo. Anche se li vogliamo superare in futuro in favore di microaree».
La notizia dell’annunciato sgombero ha creato allarme tra gli occupanti del centro sociale che, aperto dal 10 ottobre, porta il nome di Bruno in memoria dell’orso trentino emigrato oltre confine e abbattuto senza pietà il 26 giugno in Baviera. Il Csa è il primo e l’unico in regione, se si esclude una breve parentesi nel 2002. In tre mesi di vita il centro sociale, una palazzina comunale (ex Zuffo) inutilizzata da anni, ha all’attivo concerti, serate, conferenze e manifestazioni. Coinvolge di volta in volta decine o centinaia di persone. E’ uno dei fulcri attorno a cui ruota il mondo giovanile, culturale e associazionistico del capoluogo. Unico neo, l’ostilità del sindaco Alberto Pacher e della sua amministrazione di centrosinistra che agli occupanti ha negato sin dall’inizio corrente elettrica e acqua.
Bruno, un orso simbolo di un centro sociale: con le sue scorribande sui confini italo-austro-tedeschi ha appassionato in primavera bavaresi, tirolesi e trentini. Ha avuto il «torto» di varcare la frontiera e di presentarsi da «straniero irregolare» in una terra dove la specie si era estinta 170 anni fa. Era riuscito per un mese a farsi beffa dei cacciatori. Poi è stato ucciso. Più per paura che per l’effettiva pericolosità. Nonostante il Comune sia retto dal centrosinistra, gli spazi sociali a Trento sono un problema. Nel 2002 l’edificio ex Zuffo fu occupato la prima volta per pochi giorni. Fu fatto sgomberare a forza, con tanto di coda in tribunale. Gli attivisti, che fanno riferimento ai disobbedienti del nord-est, affittarono un locale, «Tana liberatutti», in centro (per 800 euro al mese), dove diedero vita in quattro anni a 150 concerti, assemblee, teatro e innumerevoli presentazioni di libri. Fischiarono sonoramente una festa della Repubblica militarizzata (giugno 2004); si impegnarono per i senzatetto durante l’emergenza freddo e scaricarono materassi davanti al municipio in segno di protesta per l’inerzia dell’ente pubblico (febbraio 2005); contestarono il passaggio della fiaccola olimpica targata Coca Cola (gennaio 2006). Nel frattempo (settembre 2005) il gruppo universitario Laboratorio sul moderno inventò cinque giorni creativi nello scheletro dell’ex fabbrica «dei veleni» Sloi. Un successone.
Insoddisfatti della scarsa attenzione per i più deboli, nel febbraio 2006 gli antagonisti hanno occupato un’elegante palazzina stile liberty nel cuore della città, un edificio di proprietà comunale inutilizzato da dieci anni e trasformato in punto di progettazione politica e sociale con senzatetto e migranti. «Ci siamo stati poco - raccontano Donatello Baldo e Stefano Bleggi del csa Bruno - il Comune ci convinse a lasciare, si impegnava sul suo onore che un nuovo spazio lo avrebbe trovato presto. Per noi e i nostri progetti, per i senzatetto e la loro dignità, per i migranti e i loro diritti». Promesse al vento. Dopo mesi e mesi, niente. E così, archiviato un raid in difesa di un gruppo di muratori senza paga in una delle valli del Trentino (luglio 2006); una battaglia politica e legale per evitare l’espulsione di un ragazzo ghanese (estate 2006); un’occupazione creativa al Parco di Gocciadoro assieme a LabMod (settembre 2006) al quale hanno partecipato qualche migliaio di trentini; il 10 ottobre è stato rioccupato l’edificio dell’area ex Zuffo. Ora la notizia di un possibile sgombero. «Con gli assessori comunali avevamo stretto accordi che non sono stati mai rispettati. Le possibilità per "legalizzare" gli spazi che prendiamo ci sono. Questa volta - spiega Bleggi - non ci facciamo fregare, restiamo e basta. Lo sgombero è un’eventualità che abbiamo sempre messo in conto». E così l’attività continua: dalle proteste per l’aumento delle tasse universitarie a un dibattito sul caporalato, piaga strisciante anche nel Trentino (raccolta delle mele).

Parla il sindaco Alberto Pacher (Ds): no alle occupazioni
«Dialogo, nella legalità»

Alberto Pacher, diessino, è sindaco di Trento dal ’99. Nel 2005 è stato rieletto per un secondo mandato con il 64,33 per cento delle preferenze. Guida un’amministrazione di centrosinistra con Rifondazione comunista e Italia dei valori all’opposizione. Gli abbiamo rivolto alcune domande sulla vicenda del csa Bruno e la maggioranza trasversale che intende sgomberarlo. Il suo partito, i Ds, ha comunque votato contro l’ordine del giorno dei neofascisti.

Sindaco Pacher, non trova imbarazzante l’ordine del giorno della Fiamma tricolore votato anche dalla Margherita?

Sarebbe stato meglio se non ci fosse stata la parte sul centro sociale. Ora i tempi si accorciano, spero si possa trovare una qualche soluzione diversa. Che i ragazzi possano sospendere l’occupazione. Mi risulta che le loro attività siano positive e aggregative. Forse c’è il modo di permettere loro di continuare ma in una situazione diversa.

Gli attivisti hanno richiesto più volte il riconoscimento della loro realtà: dal Comune non è mai arrivata risposta.

Il problema non sono le convinzioni. Quello che si mette in discussione è il modo in cui si sono impossessati di un bene pubblico.

Si tratta di un edificio inutilizzato da anni e ora perlomeno loro ne fanno uso.

Se questo lo facessero tutti, chi la governa una città? Se fossero i ragazzi di Forza nuova a occupare uno stabile che facciamo? Li lasciamo fare?

Quasi ogni regione in Italia ha uno o più centri sociali, possibile che a Trento non si riesca a dialogare? E’ così difficile per voi assegnare uno spazio significativo per un affitto simbolico? Avevate sottoscritto con i ragazzi il patto della Liberty nel febbraio 2006...

Non è stato sottoscritto proprio niente. Guardi che tre mesi fa alcuni di loro hanno chiesto di poter fare una «due giorni» in un parco cittadino. Lo hanno chiesto, glielo abbiamo concesso senza battere ciglio. Nessuno invece ha mai fatto una richiesta per la sede.

Uno sgombero non sarebbe una negazione della politica?

Quando si arriva alla prova di forza sì. Infatti io spero sempre che i ragazzi ci ripensino.

22.12.06

Oaxaca libre - serata in solidarietà con la comunità resistente di Oaxaca (Mexico)

SORELLE E FRATELLI:

L'ATTACCO CHE HA SOFFERTO E SOFFRE IL POPOLO DI OAXACA, NOSTRO FRATELLO, NON PUÒ ESSERE IGNORATO DA QUELLI CHE COME NOI LOTTANO PER LIBERTÀ, GIUSTIZIA E DEMOCRAZIA IN TUTTI GLI ANGOLI DEL PIANETA. PER QUESTO MOTIVO, L'EZLN INVITA OGNI PERSONA ONESTA, IN MESSICO E NEL MONDO, AFFINCHÉ DIANO INIZIO, SUBITO, AD AZIONI CONTINUE DI SOLIDARIETÀ E IN APPOGGIO AL POPOLO OAXAQUEÑO, CON LE SEGUENTI RIVENDICAZIONI:


* PER LA PRESENTAZIONE IN VITA DEI DESAPARECIDOS
* PER LA LIBERAZIONE DELLE DETENUTE E DEI DETENUTI
* PERCHÈ SE NE VADANO ULISES RUIZ E LE FORZE FEDERALI DA OAXACA
* PER LA PUNIZIONE DEI COLPEVOLI DI TORTURE, VIOLAZIONI E OMICIDI

INSOMMA: PER LIBERTÀ, DEMOCRAZIA E GIUSTIZIA PER IL POPOLO DI OAXACA.
INVITIAMO CHE IN QUESTA CAMPAGNA INTERNAZIONALE SI DICA, IN TUTTI I MODI ED IN TUTTI I POSTI POSSIBILI, QUELLO CHE È SUCCESSO E SUCCEDE A OAXACA, OGNUNO A MODO SUO, CON I SUOI TEMPI E NEI PROPRI POSTI.
INVITIAMO A FAR CONFLUIRE QUESTE AZIONI IN UNA MOBILITAZIONE MONDIALE PER OAXACA IL 22 DICEMBRE 2006.
IL POPOLO OAXAQUEÑO NON È SOLO. BISOGNA DIRLO E DIMOSTRARLO, A LUI ED A TUTTI.


Democrazia!
Libertà!
Giustizia!

Per il Comitato Clandestino Rivoluzionario Indigeno-Comando Generale
dell'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale - Messico
Subcomandante Insurgente Marcos
Messico, Dicembre 2006

venerdì 22.12.'06 dalle ore 16.00 alle ore 19.00
Gli Amici del Chiapas di Trento invitano tutti al presidio che si terrà
di fronte alla chiesa di San Pietro a Trento

al CSA Bruno venerdì 22.12.’06
"Oaxaca libre" serata in solidarietà con la comunità resistente di Oaxaca (Mexico)
(vedi lo speciale di GlobalProject)
Prima del concerto (ore 21.30) l’intervento del giornalista e compagno di Città del Messico Matteo Dean (www.matteodean.blogspot.com)
Ore 22.00 live set Balkan Babau (Trieste)

venerdì 22.12.'06 sotto la biblioteca di Dro
serata informativa con musica in solidarietà con il popolo di Oaxaca

COMUNICATI MOBILITAZIONE MONDIALE PER OAXACA:
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yabasta!

Fantacalcio? Il CSA Bruno propone una sfida calcistica al Consiglio comunale

"È dall’ironia che comincia la libertà" (V. Hugo)

Sui giornali di qualche giorno fa la notizia della sfida calcistica tra consiglieri e segretari comunali ha suscitato molto interesse. Vedere il sindaco sudaticcio e affannato, il vicesindaco rubicondo per la fatica, scorgere il polpaccio “rivoluzionario” e peloso di qualche consigliere, agli occhi dei cittadini fa risultare la politica più simpatica e trasforma i ruoli impettiti dei suoi rappresentanti in persone comuni.
Poi si sa, lo sport fa bene al cuore, le sfide sono terapeutiche perché proiettano frustrazioni e incazzature all’interno di “regole del gioco” da tutti condivise e il calcio è lo sport popolare per eccellenza.
Due colpi al pallone non si negano a nessuno: dalla partita aziendale “scapoli-ammogliati” di fantozziana memoria alle Partite del cuore.
Per questo facciamo una proposta al “Consiglio Comunale F.C.”: sfidiamoci a calcio. Quello di strada, sull’asfalto dell’ex Zuffo (per l’occasione ci impegniamo a chiedere regolarmente l’occupazione di suolo pubblico) con le regole della FIGC.
Arbitro potrebbe essere Carmelo Lentino, a suo modo ha fatto politica pure lui. Guardalinee e moviolisti il nostro gruppo di garanti: don Ivan Maffei, Donata Borgonovo Re, Sandro Schmid e Antonio Rapanà. C’è il problema delle docce, manca l’acqua e la luce; ma se l’Amministrazione vuole per quel giorno potrebbe concedere questi preziosi servizi.
L’ambulanza non serve, non ci faremo male: qualche possibile escoriazione potrà essere amorevolmente curata dall’assessora Plotegher che non si sarà certo scordata la sua missione principale, quella di medico. E nemmeno il defibrillatore servirà: la tempra dei consiglieri non sarà certo scalfita da un’ora di partitella.
La nostra squadra sarà multietnica, ovviamente. Tre “perle nere” ghanesi, un roccioso difensore macedone e sans-papier, un’ala funambolica egiziana. Avremo ultrà e cheerleaders. Noi ci giochiamo il Centro sociale. Voi la sua legalizzazione.
Trenta minuti per tempo. Sette contro sette.

CSA Polisportiva Bruno

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Dal Trentino del 20.12.'06 la risposta del Sindaco Alberto Pacher

TRENTO. Alla sfida-provocazione dei Disobbedienti («Giochiamoci a calcio la palazzina ex Zuffo») il sindaco Pacher risponde gelido: «Non si può ratificare un atto di prevaricazione. Così com’è, quest’esperienza finirà». Ma la proposta lanciata dal centro sociale Bruno è già un caso. Il centrodestra attacca: «Grave provocazione, un oltraggio che il Comune non abbia ancora fatto sgomberare l’area». Dal fronte opposto Tommaso Iori (Rifondazione) incalza: «L’amministrazione non ha il coraggio di affrontare la questione e sbaglia a relegarla a un problema di ordine pubblico».
Questa storia di giocarsi con una partita a calcetto - Disobbedienti contro consiglieri comunali - la palazzina di piazzale Zuffo occupata da due mesi, ha scatenato un mezzo putiferio. Il solo a prenderla con ironia è il presidente del consiglio Alberto Pattini, commissario tecnico di palazzo Thun: «La squadra è impegnata fino al 2010. Dopo la splendida performance di due settimane fa contro i segretari comunali è molto contesa». Poi però anche il ct si fa serio: «La legge è uguale per tutti, se avessero occupato una casa privata sarebbero già nei guai. L’istituzione non può legittimare un’occupazione». Pacher preferirebbe di gran lunga non commentare. «Non si può scendere sul piano del gioco - si limita a dire prima di entrare in consiglio - alcuni di loro hanno scelto la strada peggiore, non si può ratificare un atto di prevaricazione». Il sindaco conferma che il Comune ha presentato denuncia: «È chiaro che l’esperienza così com’è dovrà finire». Se comincerà in altro modo? «Dipenderà molto da loro». Raffica di reazioni arrivano intanto dal centrodestra. «Una grave provocazione» la giudica il capogruppo di Forza Italia Giorgio Manuali. Vittorio Bridi della Lega mostra il suo tesserino di arbitro: «Ci hanno preso per le scatole. La partita la arbitro io», sbotta infastidito. Il tono non è per niente scherzoso. «Io con questi non gioco», gli fa eco Flavio Maria Tarolli (Udc), mentre il capogruppo di An Antonio Coradello assicura: «Piuttosto giocherei con gli ospiti di via Pilati che per le loro malefatte stanno pagando». Per la Lega parla anche Gabriella Maffioletti, che accusa i Disobbedienti di avere «una bella faccia tosta e un concetto della proprietà pubblica ridicolo e improponibile». Ricorda gli scontri per la visita dell’ex ministro Moratti, la protesta contro il gazebo del Carroccio in Centro storico e quella alla festa della polizia al Teatro Sociale. E promette: «Dopo i presepi, l’ex Zuffo diventerà la nostra priorità se il sindaco rimarrà inerte di fronte al problema». Sul fronte opposto Tommaso Iori. Il cuore del giovane consigliere di Rifondazione batte per gli amici del centro sociale Bruno, che nell’ipotetica sfida a calcio lo vorrebbero in squadra. E lui, il bomber comunale, ammette che sì, se la partita si facesse giocherebbe con loro: «Le mie motivazioni vengono prima dell’appartenenza istituzionale». «Provocazione fino a un certo punto» quella dei Disobbedienti secondo Iori: «Mi sembra più un atto distensivo, sotto Natale ci può stare. La responsabilità dei rapporti tesi con il Comune sono di entrambe le parti, anche delle mancate promesse dell’amministrazione». «La verità - aggiunge - è che si preferisce relegare a questione di ordine pubblico una vicenda che è invece tutta politica. Verso questi ragazzi c’è una diffidenza di fondo, un certo fastidio di Pacher verso tutto quello che è contestazione. Non si rende conto che con questa componente giovane della società è molto meglio rapportarsi, cercare di valorizzarla, piuttosto che far finta di niente». E «Bruno» infatti non si arrende e rilancia: Carmelo Lentino come arbitro, guardalinee e moviolisti il gruppo di garanti don Ivan Maffeis, Donata Borgonovo Re, Sandro Schmid e Antonio Rapanà. «Vedere il sindaco sudaticcio e affannato, il vice rubicondo per la fatica, scorgere il polpaccio rivoluzionario e peloso di qualche consigliere fa risultare la politica più simpatica. Poi si sa, lo sport fa bene al cuore, le sfide proiettano frustrazioni e incazzature dentro regole del gioco condivise».
di Chiara Bert

18.12.06

l'Adige del 18.12.'06: Il vino è come la Coca-Cola, articolo su Autoktoni

Trento, all'ex Zuffo s'è parlato di tutela della cultura locale.

"Il vino è come la Coca-cola, commercializzato in tutto il mondo a basso prezzo e senza qualità." E' la provocazione di Mario Pojer grande viticoltore intervenuto ieri al dibattito sulla tutela della cultura locale al centro sociale autogestito all'ex Zuffo di Trento. Pojer ha poi attaccato la Cooperazione: "I viticoltori trentini sono stati abbandonati anche dalla Cooperazione, che ha scelto di commercializzare vini e latte che non provengono dal Trentino".

di IRENE VIOLA
Sotto la stella dell'orso Bruno il centro sociale autogestito all'ex Zuffo ha voglia di crescere e di confrontarsi con tematiche inusuali. Ieri pomeriggio ha riunito produttori vinicoli, politici, militanti e sindacalisti per l'incontro "Autoktoni, atto primo", sul tema della salvaguardia di realtà produttive trentine specifiche che mirano a tutelare prodotti tipici ma anche storia, cultura, idee, conoscenze, luoghi e persone, confrontandoli con l'omologazione imposta da un'economia sempre più globalizzata. "Un tema non solo caro alle destre" ha commentato Stefano Bleggi "ma con cui vogliamo confrontarci, perchè il centro sociale è innanzitutto aggregazione e spazio di discussione". Moderato dal giornalista Walter Nicoletti nella sala convegni stipata di pubblico, si è ricordato che la specificità trentina non è quella dell'autonomia ma quella alpina, un punto di riferimento fondamentale che non bisogna mai dimenticare perchè con quello ci si deve confrontare. Per Walter Micheli, politico, "il Trentino è sempre stato terra d'andirivieni, immigrazione nei periodi di benessere, emigrazione quando il territorio era afflitto da carestie, disastri naturali e guerre". Secondo l'ex vicepresidente della Provincia "la carta vincente è stata la solidarietà, socialista e cattolica, che ha introdotto regole di vita comunitaria, usi civici, cooperative, senza la quale oggi interi territori (Sagron Mis, Valfloriana) sarebbero abbandonati o fortemente depressi". "Oggi - ha proseguito - il mercato accentua la competitività, ma falliremo se non riusciamo a mantenere una rete di solidarietà per assicurare a tutti un minimo di benessere". E' intervenuto anche Mario Pojer, viticoltore, paragonando il vino alla Coca-cola, "commercializzato in tutto il mondo a basso prezzo e senza qualità. I viticoltori trentini - ha commentato - sono stati abbandonati anche dalla Cooperazione, che ha fatto delle scelte ben precise, commercializzando vini e latte che non provengono dal Trentino. Ai contadini un kg d'uva frutta 1,30 euro, non parliamo del latte". Mario Zambarda, sindaco di Lasino, racconta la sua esperienza di viticoltore particolare. Nella mia azienda - spiega - ho scelto di coltivare il negrara, il groppello, vitigni autoctoni adatti ad ambienti montani e che limitano il degrado del territorio, che riportano in vita le nostre tradizioni. Coltivare il merlot non dà questa soddisfazione. Per Sergio Valentini, slow food, "tutelare il cibo e i sapori è tutelare noi stessi". "Il problema - spiega - è riconoscere la qualità, e un prodotto è di qualità quando non sfrutta la terra e tratta in modo equo i contadini che lo producono. E l'omologazione si combatte anche con il recupero delle tradizioni più genuine". La chiusura tocca a don Vittorio Cristelli che ha ricordato gli anni del '68 e la grande partecipazione dei giovani. "La globalizzazione permette di accedere alle informazioni, ma ha rinfocolato il problema delle identità, - ha detto - perchè le logiche d'azione vengono decise sempre altrove. In realtà solo l'economia si è globalizzata mentre tutto, anche i bambini, il sangue e le identità, sono diventate merci".

17.12.06

AUTOKTONI - atto 1°

"appunti su territorio e globalizzazione, per un pensiero autonomo non ristretto e non rituale"

domenica 17 dicembre dalle ore 15.00

interverranno:
Walter Micheli
Vittorio Cristelli
Gigi Calliari
Eugenio Rosi
Sergio Valentini
Mario Poier
Mario Zambarda
Chiara Campana
Giuseppe Baldessari
Paolo Tonelli
Alberto Zandonati

coordina: Walter Nicoletti

a fine incontro: degustazione di vini e prodotti autoctoni

scarica il manifesto dell'iniziativa

Con il progetto Autoktoni intendiamo avviare un serio confronto con diversi interpreti dell’impegno civile della comunità trentina per approfondire e conoscere particolari vicende che consideriamo essenziali per il presente ed il futuro di questa terra.
Un confronto che vogliamo rendere vivo ed appassionato anche attraverso la comunicazione di esperienze e testimonianze sulla storia materiale di questa comunità che riteniamo fondamentali per la costruzione di un Trentino democratico, autonomo ed autonomista, libero e libertario, aperto, tollerante e solidale.
Per questo Autoktoni è anche il tentativo di fare emergere i "tratti distintivi" di una storia sociale, quella trentina, che ha saputo costruire nei secoli anche una trama di relazioni solidali ancorate prima alla tradizione degli Usi civici e delle proprietà collettive, poi ai più autentici valori dell’associazionismo cooperativistico, all’impegno per una Chiesa tollerante ed attenta ai bisogni degli ultimi, di un sindacalismo radicale, ma mai corporativo, di una militanza politica intransigente, eppure tollerante, radicata nella comunità e nel territorio o di una festa che reinnesta vita sociale in un territorio montano.
Accanto alla dimensione storico-politica, Autoktoni intende inoltre fare emergere anche quelle esperienze e quelle testimonianze di produttori, contadini, operatori del territorio che hanno scelto di valorizzare i tratti caratteristici delle produzioni locali per confrontarsi con la globalizzazione economica senza subirne le logiche distruttive, senza cadute omologanti e senza concessioni al "pensiero unico".
Walter Micheli, don Vittorio Cristelli, Paolo Tonelli, Gigi Calliari, Chiara Campana, Alberto Zandonati sul versante politico-culturale;
Mario Poier, Eugenio Rosi Mario Zambarda, Sergio Valentini e Giuseppe Baldessari sul versante delle "storie materiali", saranno i protagonisti di una discussione aperta che potrà contribuire nelle fasi successive all’elaborazione di idee, proposte e contributi per un modello di sviluppo e di relazioni sociali ancorati ai valori della solidarietà, dell’egualitarismo, di un’economia che rispetti i concetti di limite e di armonia con la natura.

www.globalproject.info
Globalproject Trento

15.12.06

Il CSA Bruno aderisce alla fiaccolata 1000 volte NO all'inceneritore

Nimby trentino invita tutta la cittadinanza

ore 17.30 ritrovo in piazza Duomo

1000 volte NO all’ inceneritore
Fiaccolata per il centro storico di Trento

a seguire alla Fondazione Caritro di via Calepina la visione in anteprima del documentario "Civiltà bruciata. La terra degli inceneritori"
di Zenone Sovilla

Comunicato del CSA Bruno:

Il Centro sociale "Bruno" parteciperà alla manifestazione di venerdì contro l'inceneritore e sarà a fianco di Nimby Trentino. Porterà i simboli delle lotte di popolo che negli ultimi anni hanno imposto alla politica e all'economia il punto di vista delle comunità sventrate dagli eco-mostri: le bandiere NO TAV, NO Dal Molin, NO Mose. Queste bandiere saranno il nostro striscione perchè in queste lotte ci riconosciamo, in esse vediamo la partecipazione e l'impegno, apprezziamo la libertà e la capacità di non cedere al compromesso e di non essere strumentalizzate. Allo stesso modo sventoleremo la bandiera No inceneritore, che come gli altri simboli delle lotte ambientaliste rappresenterà le persone, i comitati, le comunità di uomini e di donne che dal basso si mobilitano per difendere i propri territori, la propria salute, il proprio diritto a decidere in prima persona.Oltre al traguardo dei 1000 giorni di sciopero della fame guarderemo
alla costruzione di un percorso moltitudinario e partecipato che riesca a metter in campo pratiche condivise per bloccare la costruzione dell'inceneritore.


info:
www.ecceterra.org
per saperne di più: Inceneritore, troppi dubbi-non dubbi

Global Project Trento

13.12.06

dall'Adige del 12.12.'06: Cent'anni di lavoro precario

Fumagalli, un racconto che procede per «crisi»
Il professore di economia politica ha chiuso il ciclo di conferenze al «Bruno»

di ALESSANDRO FRANCESCHINI

Si sono conclusi la settimana scorsa i tre appuntamenti de «I percorsi dell'orso», un ciclo di conferenze organizzato presso il Centro Sociale «Bruno» di Trento. Come hanno più volte sottolineato gli organizzatori «i percorsi di Bruno sono le orme di un movimento che dice no alle guerre e alle ingiustizie sociali, che è sempre vicino agli ultimi e agli invisibili, che denuncia le devastazioni ambientali, che libera cultura e conoscenze, che si interroga, discute e, soprattutto agisce, creando pratiche disobbedienti e conflittuali». Dopo aver parlato di lavoro nero e di caporalato con Antonio Rapanà e Fabrizio Gatti, e dopo aver conversato intorno alla guerra e al movimento pacifista con Vilma Mazza e Francesco Pavin, giovedì scorso è stata la volta del tema del lavoro precario con il professor Andrea Fumagalli, che ha presentato il suo ultimo libro: «Lavoro. Vecchio e nuovo sfruttamento» (ed. Punto rosso-Carta, 212 pagine, 7 euro). Fumagalli, associato di economia politica presso l'Università di Pavia, è autore di numerosi saggi sulle nuove forme di lavoro (si ricorda, tra gli altri, "Il lavoro autonomo di seconda generazione", insieme a Sergio Bologna, e "Tute bianche, disoccupazione di massa e reddito di cittadinanza", con Maurizio Lazzarato), e, da tempo, si impegna per l'unità dei movimenti precari europei, tentando di immaginare nuove forme di welfare adeguate alla composizione sociale del lavoro nella modernità. Il lavoro teorico di Fumagalli s'inserisce nel filone di quell'economia che cerca di leggere nel Capitale il continuo ricatto e sfruttamento dei lavoratori in una dimensione nuova: quella concettuale. Il profitto, infatti, ha cambiato, nel corso degli anni, il mezzo senza mutare il fine, passando dalle economie tayloriste dell'inizio del secolo scorso a quelle concettuali dell'oggi, mantenendo la medesima dialettica padrone / lavoratore: dove il primo riveste un ruolo di sfruttatore e il secondo, alienato dalla necessità di procurarsi il sostentamento, copre il ruolo ineluttabile dello sfruttato. In questo libro, così come nella sala rossa del «Bruno», Fumagalli ha ricostruito in maniera chiara e dettagliata la vicenda storica del lavoro nel corso del Novecento. Il racconto non può che procedere per "crisi", perché, ha detto Fumagalli, «le forme di organizzazione del lavoro di volta in volta si costituiscono sulla base della crisi di quelle precedenti». Ogni fase è figlia dei conflitti pregressi e tutto viene generato da un varco chiave, nell'America degli anni Venti: nel rifiuto del passaggio dall'operaio di mestiere a quello di fabbrica. Ciò comporterà tensioni sociali senza precedenti che culmineranno nel crollo di Wall Street, del 1929. Quindi «al modello taylorista, si affiancherà fordista e keynesiano, che durerà fino all'insubordinazione operaia degli anni settanta». Il 1975 segna l'inizio della fine della egemonia della grande fabbrica, cui si «accompagnano l'abbandono delle politiche di ridistribuzione della ricchezza e di incremento della spesa pubblica». Fumagalli arriva ai tempi più vicini, delineando la netta continuità tra il decreto Craxi sulla Scala mobile del 1984 e la legge 30 del governo Berlusconi: venti anni di politiche neoliberiste che hanno flessibilizzato il salario e precarizzato il lavoro. «La filosofia della legge 30 - ha spiegato Fumagalli - è quella dell'individualismo metodologico» ovvero «quell'insieme di postulati che descrivono lo scambio economico come un atto che avviene solo tra individui e non su basi aggregate o collettive». Per cambiare rotta Fumagalli non ha mancato di proporre delle possibili strade: la socialità del lavoro contro l'individualità del salario; la spontaneità delle relazioni contro la strumentalità dello scambio di mercato; la partecipazione alla produzione contro la verticalizzazione delle decisioni; la flessiblità del lavoro rispetto alle esigenze della vita contro la flessibilità della vita contro le esigenze del lavoro.

10.12.06

dal Trentino del 10.12.'06 - «Ex Zuffo, vi raccontiamo i nostri primi 2 mesi»

L’occupazione prosegue fra dibattiti e concerti. Lo sgombero? «Decisi a rimanere»

TRENTO. «Passata l’infatuazione, l’innamoramento folle dei primi giorni, è sbocciato un amore che si consolida giorno dopo giorno». Così gli occupanti dell’ex Zuffo, i fondatori del centro sociale autogestito «Bruno» riassumono i primi due mesi di occupazione che hanno festeggiato ieri sera con una bicchierata anche se l’«anniversario» è oggi. Sessanta giorni intensi durante i quali lo stabile abbandonato è cambiato e non poco e ora si preparano gli appuntamenti di gennaio.
Allo sgombero (sempre possibile) non ci pensano. «Più tempo restiamo qui dentro - spiega Stefano Bleggi - più diventa difficile spiegare lo sgombero, la chiusura di un luogo dove si stanno facendo molte attività dalla politica alla musica e che sta diventando sempre più un punto di riferimento per tante persone». E’ un vero e proprio cantiere quello che si installato sotto il viadotto della Gardesana. Non solo per i lavori in corso che stanno trasformando il vecchio edificio in una struttura organizzata e colorata, ma anche per gli appuntamenti che sono stati preparati. «Il prossimo incontro importante - racconta ancora Bleggi - è per domenica prossima con un seminario che durerà l’interno pomeriggio. Il titolo è “Autoktoni, atto primo”. Si parlerà di prodotti e di territorio e la speranza è che sia solo la prima puntata di una serie di incontri. Ci sarà Walter Nicoletti a moderare e interverranno Walter Micheli, Eugenio Rosi, Gigi Calliari, Vittorio Cristelli, Mario Poier, Giuseppe Baldessari e tanti altri. Dopo il dibattito, la degustazione. Giovedì ci sarà [c’è stato ndGP]
l’appuntamento con Sandro Schmid per parlare di lavoro e ancora tante altre cose. Per noi è un passo importante vedere che anche persone diverse trovino normale venire all’ex Zuffo per trattare argomenti importanti». E poi ci sono gli incontri musicali e il calendario di gennaio che sta già prendendo forma. «Cominceremo il 6 gennaio con una dieci giorni - spiega ancora Stefano Bleggi - all’insegna degli appuntamenti. Ci sarà il cinema, il teatro, l’incontro con la lettura e tante altre cose che stiamo ancora preparando». E se vi sgomberano? «Stiamo pensando a troppe cose, organizzando troppi appuntamenti per rinunciarci. Siamo decisi - dice ancora Bleggi - a rimanere. Queste settimane sono state molto intense e molto impegnative ma quello che stiamo facendo ci sta dando tanto e c’è sempre più gente che passa qui per la serata di dibattito o per il concerto. Non possiamo rinunciare a questo». E fervono anche i lavori. Dopo il bar e la prima stanza - dipinta tutta di rosso - si sta ristrutturando un secondo spazio al primo piano dove domina il colore giallo. Al piano superiore, invece, si sta allestendo una sorta di ufficio dove è già garantito il collegamento internet. Continuano a mancare gli allacci all’elettricità e all’acqua ma sono state trovate delle alternative. «Il Comune non ci ha lasciato nemmeno prendere i bidoni per la raccolta differenziata. E a questo noi ci teniamo». Ecco l’argomento duro: i rapporti con l’amministrazione. «Non c’è stato nessun contatto - spiega ancora Bleggi - ma abbiamo letto il documento della circoscrizione di Piedicastello e non vediamo l’ora di incontrarli. E’ bello sapere che loro non hanno criminalizzato la nostra occupazione mentre in un’intervista Pacher ci ha definiti un problema di ordine pubblico. Non lo siamo. Siamo un punto di aggregazione, di confronto e di partecipazione. Proprio quello che lui ha sempre decantato e sostenuto».
MARA DEIMICHEI

7.12.06

Presentazione del libro: Lavoro. Vecchio e nuovo sfruttamento

Giovedì 7 dicembre 2006_ore 20.30
presso il CSA Bruno, parcheggio ex Zuffo, uscita tang. e A22 Trento centro


"Lavoro. Vecchio e nuovo sfruttamento"
ed. Punto rosso - Carta, 212 pagine

Presentazione del nuovo libro di Andrea Fumagalli

Ne discutiamo con:
Andrea Fumagalli – docente di economia politica all’Università di Pavia
Sandro Schmid
opinionista del Trentino

da www.carta.org
Il romanzo del lavoro
Giuliano Santoro

Mentre nel dibattito nei movimenti ci si accapiglia tra "sviluppasti" e "antisviluppisti" e tra "reddisti" e "salaristi", ecco un contributo utile a dirimere nodi teorici e ad affrontare urgenze politiche. Si tratta del saggio di Andrea Fumagalli "Lavoro. Vecchio e nuovo sfruttamento" (Punto rosso/Carta, 212 pagine), che il prossimo 28 ottobre, sarà allegato a Carta con 7 euro (più il prezzo del settimanale). Fumagalli, docente di economia politica all’università di Pavia, ha scritto numerosi saggi sulle nuove forme di lavoro (ricordiamo, tra gli altri, "Il lavoro autonomo di seconda generazione", insieme a Sergio Bologna, e "Tute bianche, disoccupazione di massa e reddito di cittadinanza", con Maurizio Lazzarato), e da anni partecipa alla costruzione dei movimenti precari europei, a partire dalla MayDay, tentando di immaginare nuove forme di welfare adeguate alla composizione sociale del lavoro dopo il fordismo. Questa volta, ricostruisce in maniera chiara ma dettagliata la vicenda storica del lavoro nel corso del Novecento. Il racconto procede per rotture, perché, spiega Fumagalli, le forme di organizzazione del lavoro di volta in volta si costituiscono sulla base della crisi di quelle precedenti. Se questo saggio fosse un romanzo, insomma, il protagonista non sarebbe "il capitalismo" o "la struttura economica" (come purtroppo accade in tanta pubblicistica "di sinistra"), ma i lavoratori, perché la "crisi" periodica che impone il cambiamento è spesso determinata da lotte, conflitti, sabotaggi. Da questo punto di vista, ogni fase è figlia dei conflitti precedenti. Attraverso un’analisi interdisciplinare, che mette insieme la macroeconomia, la storia dei movimenti, la filosofia dei post-strutturalistri, l’inchiesta operaia e la sociologia del lavoro, si parte a cavallo della bestia selvaggia del lavoro negli Stati uniti degli anni venti e dalle rivendicazioni degli Industrial workers of the world. Si tratta degli anni del rifiuto del passaggio dall’operaio di mestiere a quello di fabbrica, che citando Foucault, Fumagalli definisce questa transizione come "disciplinamento". Ciò comporta tensioni sociali altissime, che culmineranno nel crollo di Wall Street, del 1929. Quindi, al modello taylorista, si affiancherà fordista e keynesiano, che durerà fino all’insubordinazione operaia degli anni settanta. Il 1975 segna l’inizio della fine della egemonia della grande fabbrica, cui si accompagnano l’abbandono delle politiche di ridistribuzione della ricchezza e di incremento della spesa pubblica. Fumagalli traccia così la netta continuità tra il decreto Craxi sulla Scala mobile del 1984 e la legge 30 del governo Berlusconi: venti anni di politiche neoliberiste che hanno flessibilizzato il salario e precarizzato il lavoro. Un disegno, questo, che mira sempre più ad individualizzare il rapporto lavorativo, e che stride con le caratteristiche sociali, comunicative e basate sui saperi delle nuove forme di produzione. Ciò avviene su un tessuto produttivo strutturalmente flessibile, caratterizzato da elevato decentramento e fondato su una dimensione d’impresa molto limitata (più della metà della media europea). Ne consegue che in Italia, la quota di lavoro autonomo è più che doppia rispetto all’Europa o agli Stati uniti e che il numero dei lavoratori a cui può essere applicato lo Statuto dei lavoratori è inferiore al 30 per cento dell’intera forza-lavoro. La filosofia della legge 30, spiega Fumagalli, è quella dell’individualismo metodologico, ovvero "quell’insieme di postulati che descrivono lo scambio economico come un atto che avviene solo tra individui e non su basi aggregate o collettive". Grazie al processo che abbiamo delineato, la precarietà dilaga tra i giovani che entrano nel mercato del lavoro (dal 1999 sono aumentati di oltre 60 per cento i lavoratori atipici, gli iscritti al fondo Inps dei parasubordinati sono più di 3 milioni), nella pubblica amministrazione (500 mila), nella scuola (dove è stata superata la soglia dei 200 mila precari) e nell’università (ormai gli atenei italiani funzionano grazie al lavoro "nero" di un esercito di 50 mila ricercatori precari). I lavoratori precari italiani sono quattro milioni e mezzo, secondo la Cgil. Senza contare i migranti. Il trasferimento dei diritti del lavoro e della cittadinanza dal piano pubblico-costituzionale alla sfera privata che abbiamo cercato di descrivere, diventa eclatante nel caso della forza-lavoro migrante: oggi la permanenza legale del migrante in Italia è subordinata all’esistenza di un contratto di lavoro. In questo contesto, le contraddizioni sui cui fare leva, secondo Fumagalli sono: la socialità del lavoro contro l’individualità del salario; la spontaneità delle relazioni contro la strumentalità dello scambio di mercato; la partecipazione alla produzione contro la verticalizzazione delle decisioni; la flessiblità del lavoro rispetto alle esigenze della vita contro la flessibilità della vita contro le esigenze del lavoro. Il volume si chiude, significativamente, con una rassegna delle prime, timide e contraddittorie, forme di erogazione di un reddito di cittadinanza, che si stanno sperimentando su base regionale.

Vedi il programma "I percorsi dell’orso"

3.12.06

Don't kill Bruno: programma musicale di dicembre

csabruno@gmail.com
www.globalproject.info
GlobaProject Trento

Live@Bruno_per una socialità che non sia solo happy hour!
Un mese di concerti al piazzale Ex-Zuffo. Sempre all’insegna della buona musica SENZA SIAE e SENZA COPYRIGHT!
Ogni serata che aggiungiamo al programma è un mattone in più per ristrutturare le stanze del centro sociale, ogni persona che aiuta Bruno è energia positiva che attraversa questo spazio occupato, giorno dopo giorno allontaniamo qualunque idea di sgombero. Nessuno alzi il fucile contro Bruno, nessuno provi a sgomberare!

Il CSA apre alle 21.00...

mercoledì 6.12.’06
h. 22.00 5TH SUITE
dj set: breakbeat, electro-funk, dubstep
www.5thsuite.com
www.myspace.com/5thSuite

sabato 9.12.’06
h. 23.00 PEAK NICK
dj set: eclectic eletronic
www.myspace.com/peaknickdj

mercoledì 13.12’06
Musica d’autore Live@Bruno
Ore 22.00 Elisa Amistadi

sabato 16.12.’06
Ska@Bruno
Ore 22.00 Puttaska (Rovereto) & Dolceuchessina (Modena)

mercoledì 20.12.’06
Rock@Bruno
Ore 22.00 Mr Pinkle (Trento) e Nurse (Trento)

venerdì 22.12.’06
"Oaxaca libre" serata in solidarietà con la comunità resistente di Oaxaca (Mexico)
(vedi lo speciale di GlobalProject)

Prima del concerto l’intervento del giornalista e compagno di Città del Messico Matteo Dean (www.matteodean.blogspot.com)

Ore 22.00 live set Balkan Babau (Trieste)

sabato 23.12’06
Ore 21.30 SAD HOUR!!!

Aperitivo sociale per sostenere Bruno:
ristrutturazione, concerti, luce, manifesti, ecc. Paga quello che bevi più del costo normale, partecipa al primo SAD HOUR in città, in questo modo aiuterai Bruno a crescere anche nei mesi più freddi dell’anno…il Centro Sociale non va mai in letargo!

Ore 22.30 Revival 60 @Bruno
Mirco Saltori live