13.12.06

dall'Adige del 12.12.'06: Cent'anni di lavoro precario

Fumagalli, un racconto che procede per «crisi»
Il professore di economia politica ha chiuso il ciclo di conferenze al «Bruno»

di ALESSANDRO FRANCESCHINI

Si sono conclusi la settimana scorsa i tre appuntamenti de «I percorsi dell'orso», un ciclo di conferenze organizzato presso il Centro Sociale «Bruno» di Trento. Come hanno più volte sottolineato gli organizzatori «i percorsi di Bruno sono le orme di un movimento che dice no alle guerre e alle ingiustizie sociali, che è sempre vicino agli ultimi e agli invisibili, che denuncia le devastazioni ambientali, che libera cultura e conoscenze, che si interroga, discute e, soprattutto agisce, creando pratiche disobbedienti e conflittuali». Dopo aver parlato di lavoro nero e di caporalato con Antonio Rapanà e Fabrizio Gatti, e dopo aver conversato intorno alla guerra e al movimento pacifista con Vilma Mazza e Francesco Pavin, giovedì scorso è stata la volta del tema del lavoro precario con il professor Andrea Fumagalli, che ha presentato il suo ultimo libro: «Lavoro. Vecchio e nuovo sfruttamento» (ed. Punto rosso-Carta, 212 pagine, 7 euro). Fumagalli, associato di economia politica presso l'Università di Pavia, è autore di numerosi saggi sulle nuove forme di lavoro (si ricorda, tra gli altri, "Il lavoro autonomo di seconda generazione", insieme a Sergio Bologna, e "Tute bianche, disoccupazione di massa e reddito di cittadinanza", con Maurizio Lazzarato), e, da tempo, si impegna per l'unità dei movimenti precari europei, tentando di immaginare nuove forme di welfare adeguate alla composizione sociale del lavoro nella modernità. Il lavoro teorico di Fumagalli s'inserisce nel filone di quell'economia che cerca di leggere nel Capitale il continuo ricatto e sfruttamento dei lavoratori in una dimensione nuova: quella concettuale. Il profitto, infatti, ha cambiato, nel corso degli anni, il mezzo senza mutare il fine, passando dalle economie tayloriste dell'inizio del secolo scorso a quelle concettuali dell'oggi, mantenendo la medesima dialettica padrone / lavoratore: dove il primo riveste un ruolo di sfruttatore e il secondo, alienato dalla necessità di procurarsi il sostentamento, copre il ruolo ineluttabile dello sfruttato. In questo libro, così come nella sala rossa del «Bruno», Fumagalli ha ricostruito in maniera chiara e dettagliata la vicenda storica del lavoro nel corso del Novecento. Il racconto non può che procedere per "crisi", perché, ha detto Fumagalli, «le forme di organizzazione del lavoro di volta in volta si costituiscono sulla base della crisi di quelle precedenti». Ogni fase è figlia dei conflitti pregressi e tutto viene generato da un varco chiave, nell'America degli anni Venti: nel rifiuto del passaggio dall'operaio di mestiere a quello di fabbrica. Ciò comporterà tensioni sociali senza precedenti che culmineranno nel crollo di Wall Street, del 1929. Quindi «al modello taylorista, si affiancherà fordista e keynesiano, che durerà fino all'insubordinazione operaia degli anni settanta». Il 1975 segna l'inizio della fine della egemonia della grande fabbrica, cui si «accompagnano l'abbandono delle politiche di ridistribuzione della ricchezza e di incremento della spesa pubblica». Fumagalli arriva ai tempi più vicini, delineando la netta continuità tra il decreto Craxi sulla Scala mobile del 1984 e la legge 30 del governo Berlusconi: venti anni di politiche neoliberiste che hanno flessibilizzato il salario e precarizzato il lavoro. «La filosofia della legge 30 - ha spiegato Fumagalli - è quella dell'individualismo metodologico» ovvero «quell'insieme di postulati che descrivono lo scambio economico come un atto che avviene solo tra individui e non su basi aggregate o collettive». Per cambiare rotta Fumagalli non ha mancato di proporre delle possibili strade: la socialità del lavoro contro l'individualità del salario; la spontaneità delle relazioni contro la strumentalità dello scambio di mercato; la partecipazione alla produzione contro la verticalizzazione delle decisioni; la flessiblità del lavoro rispetto alle esigenze della vita contro la flessibilità della vita contro le esigenze del lavoro.

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