7.12.06

Presentazione del libro: Lavoro. Vecchio e nuovo sfruttamento

Giovedì 7 dicembre 2006_ore 20.30
presso il CSA Bruno, parcheggio ex Zuffo, uscita tang. e A22 Trento centro


"Lavoro. Vecchio e nuovo sfruttamento"
ed. Punto rosso - Carta, 212 pagine

Presentazione del nuovo libro di Andrea Fumagalli

Ne discutiamo con:
Andrea Fumagalli – docente di economia politica all’Università di Pavia
Sandro Schmid
opinionista del Trentino

da www.carta.org
Il romanzo del lavoro
Giuliano Santoro

Mentre nel dibattito nei movimenti ci si accapiglia tra "sviluppasti" e "antisviluppisti" e tra "reddisti" e "salaristi", ecco un contributo utile a dirimere nodi teorici e ad affrontare urgenze politiche. Si tratta del saggio di Andrea Fumagalli "Lavoro. Vecchio e nuovo sfruttamento" (Punto rosso/Carta, 212 pagine), che il prossimo 28 ottobre, sarà allegato a Carta con 7 euro (più il prezzo del settimanale). Fumagalli, docente di economia politica all’università di Pavia, ha scritto numerosi saggi sulle nuove forme di lavoro (ricordiamo, tra gli altri, "Il lavoro autonomo di seconda generazione", insieme a Sergio Bologna, e "Tute bianche, disoccupazione di massa e reddito di cittadinanza", con Maurizio Lazzarato), e da anni partecipa alla costruzione dei movimenti precari europei, a partire dalla MayDay, tentando di immaginare nuove forme di welfare adeguate alla composizione sociale del lavoro dopo il fordismo. Questa volta, ricostruisce in maniera chiara ma dettagliata la vicenda storica del lavoro nel corso del Novecento. Il racconto procede per rotture, perché, spiega Fumagalli, le forme di organizzazione del lavoro di volta in volta si costituiscono sulla base della crisi di quelle precedenti. Se questo saggio fosse un romanzo, insomma, il protagonista non sarebbe "il capitalismo" o "la struttura economica" (come purtroppo accade in tanta pubblicistica "di sinistra"), ma i lavoratori, perché la "crisi" periodica che impone il cambiamento è spesso determinata da lotte, conflitti, sabotaggi. Da questo punto di vista, ogni fase è figlia dei conflitti precedenti. Attraverso un’analisi interdisciplinare, che mette insieme la macroeconomia, la storia dei movimenti, la filosofia dei post-strutturalistri, l’inchiesta operaia e la sociologia del lavoro, si parte a cavallo della bestia selvaggia del lavoro negli Stati uniti degli anni venti e dalle rivendicazioni degli Industrial workers of the world. Si tratta degli anni del rifiuto del passaggio dall’operaio di mestiere a quello di fabbrica, che citando Foucault, Fumagalli definisce questa transizione come "disciplinamento". Ciò comporta tensioni sociali altissime, che culmineranno nel crollo di Wall Street, del 1929. Quindi, al modello taylorista, si affiancherà fordista e keynesiano, che durerà fino all’insubordinazione operaia degli anni settanta. Il 1975 segna l’inizio della fine della egemonia della grande fabbrica, cui si accompagnano l’abbandono delle politiche di ridistribuzione della ricchezza e di incremento della spesa pubblica. Fumagalli traccia così la netta continuità tra il decreto Craxi sulla Scala mobile del 1984 e la legge 30 del governo Berlusconi: venti anni di politiche neoliberiste che hanno flessibilizzato il salario e precarizzato il lavoro. Un disegno, questo, che mira sempre più ad individualizzare il rapporto lavorativo, e che stride con le caratteristiche sociali, comunicative e basate sui saperi delle nuove forme di produzione. Ciò avviene su un tessuto produttivo strutturalmente flessibile, caratterizzato da elevato decentramento e fondato su una dimensione d’impresa molto limitata (più della metà della media europea). Ne consegue che in Italia, la quota di lavoro autonomo è più che doppia rispetto all’Europa o agli Stati uniti e che il numero dei lavoratori a cui può essere applicato lo Statuto dei lavoratori è inferiore al 30 per cento dell’intera forza-lavoro. La filosofia della legge 30, spiega Fumagalli, è quella dell’individualismo metodologico, ovvero "quell’insieme di postulati che descrivono lo scambio economico come un atto che avviene solo tra individui e non su basi aggregate o collettive". Grazie al processo che abbiamo delineato, la precarietà dilaga tra i giovani che entrano nel mercato del lavoro (dal 1999 sono aumentati di oltre 60 per cento i lavoratori atipici, gli iscritti al fondo Inps dei parasubordinati sono più di 3 milioni), nella pubblica amministrazione (500 mila), nella scuola (dove è stata superata la soglia dei 200 mila precari) e nell’università (ormai gli atenei italiani funzionano grazie al lavoro "nero" di un esercito di 50 mila ricercatori precari). I lavoratori precari italiani sono quattro milioni e mezzo, secondo la Cgil. Senza contare i migranti. Il trasferimento dei diritti del lavoro e della cittadinanza dal piano pubblico-costituzionale alla sfera privata che abbiamo cercato di descrivere, diventa eclatante nel caso della forza-lavoro migrante: oggi la permanenza legale del migrante in Italia è subordinata all’esistenza di un contratto di lavoro. In questo contesto, le contraddizioni sui cui fare leva, secondo Fumagalli sono: la socialità del lavoro contro l’individualità del salario; la spontaneità delle relazioni contro la strumentalità dello scambio di mercato; la partecipazione alla produzione contro la verticalizzazione delle decisioni; la flessiblità del lavoro rispetto alle esigenze della vita contro la flessibilità della vita contro le esigenze del lavoro. Il volume si chiude, significativamente, con una rassegna delle prime, timide e contraddittorie, forme di erogazione di un reddito di cittadinanza, che si stanno sperimentando su base regionale.

Vedi il programma "I percorsi dell’orso"

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