Il tema, quello della precarietà della vita imposta da politiche neoliberiste le quali, come è oggi evidente, non sono di esclusiva gestione dei governi di centrodestra, è quanto mai attuale e giusto. Ma dalla prima assemblea del comitato organizzatore, l’8 luglio, ad oggi moltissime cose sono cambiate.
Noi riteniamo, a tal proposito, che il non voler adeguare la piattaforma di questa manifestazione alla realtà nasconda non solo i limiti di un percorso eterodiretto e non autonomo, ma anche un’operazione politica pericolosa a danno dei migranti, dei precari e di tutti coloro che lottano per una migliore qualità della vita.
Il 4 novembre, all’inizio, voleva incalzare il neoinsediato governo Prodi, ponendo come imperativo l’abolizione delle tre leggi berlusconiane per eccellenza: Moratti, Bossi-Fini, Biagi. Oggi il governo Prodi ha già ribadito, con atti politici e non con parole (decreti legge, Finanziaria, etc.) che seguirà il solco tracciato da quelle tre leggi.
In particolare, stiamo assistendo a una vergognosa beffa giocata sulla pelle dei migranti. I CPT rimarranno e anzi ne verranno costruiti di “speciali” e non ci sarà nessuna regolarizzazione generalizzata. La scuola e il ciclo della formazione saranno penalizzate dalla Finanziaria, a danno di insegnanti e studenti. L’università idem, con buona pace dei ricercatori precari che continueranno a rimanere tali.
E non vi è traccia di interventi che "cambino rotta" sulla realtà dei lavoratori e lavoratrici precari, intermittenti, interinali, a tempo determinato.
Tutto rimane nella direzione neoliberista, anche l’aumento delle spese militari e per la guerra. Ora, a fronte di ciò che sta avvenendo, è o no il governo Prodi la vera controparte di un movimento che si pone il problema di trasformare la realtà dello sfruttamento?
E se sì, come crediamo, che senso ha fare una manifestazione con una piattaforma tutta rivolta al passato, come se il problema fosse ancora Berlusconi, con pezzi di governo e partiti della sua maggioranza che si sbracciano ad aderire e a mettere il timbro su questa mobilitazione? Pensare che sia una svista dei promotori sarebbe gentile, ma non sembra corrispondere al vero.
Il 4 novembre, una volta annullata la sua capacità conflittuale e di autonomia da governi e partiti, servirà allora come "rappresentazione" politica, utile alle battaglie interne di partito e di governo. Noi crediamo che un altro movimento sia possibile.
Dopo aver visto, in Francia, cosa significa una moltitudine che impone alla politica i cambiamenti, guardiamo quindi con grande interesse allo sciopero dello scorso 6 ottobre che ha portato a Roma trentamila precari della pubblica amministrazione e alle lotte autorganizzate, come quelle dei call center. Guardiamo al prossimo 17 novembre, giorno dello sciopero generale indetto da tutti i sindacati di base contro il governo. Alle azioni dirette contro i CPT in tutta Europa. E’ certamente questo il terreno, soggettivo e sociale, attraverso il quale può svilupparsi l’altro movimento.
Un terreno indipendente dal governo, che costruisce nei territori vertenze e conflitti veri e che non delega a nessuno la propria rappresentanza. Che punti a degli obiettivi chiari e in tempi come questi, densi di mistificazioni e cortine fumogene, tempi in cui si sente dire tutto e il contrario di tutto da ministri dello stesso governo, è meglio guardare ai fatti. Vi è un dibattito aperto sul 4 novembre, ed è bene esplicitarlo.
Così com’è il 4 novembre è contro i precari! Il nostro problema è allora impedire le operazioni politiche che piovono dall’alto, esprimere una critica radicale che arrivi finalmente a una rottura concreta con tutti quelli che al mattino sono al governo e al pomeriggio all’opposizione di sé stessi.
Rottura innanzitutto con la logica concertativa, che è il contrario dell’autonomia e del conflitto. Per quello che vediamo oggi quell’appuntamento rimane chiuso nella gestione delle segreterie dei partiti del governo.
Noi non vogliamo esserne complici. Se qualcosa cambiasse lo verificheremo collettivamente, ma a partire dall’idea di poter costruire quella data, dopo che è stato scippata a tutti, come una manifestazione contro il governo, libera e determinata. Ma al di là di cosa fare e come, che sarà risolto dalla decisione di tante e tanti, l’importante per noi è dare voce a un dibattito che ponga al centro l’urgenza di costruire nuovi percorsi, sociali e politici, tirandosi fuori dal pantano di una fase che è finita. L’altro movimento è non solo possibile, ma necessario.
Area condivisa della disobbedienza sociale
Riferimenti regionali: Veneto - Centri sociali nord-est, ADL - federata RDB / Emilia Romagna - CSO TPO (BO) / Lombardia - Cantiere (MI) / Piemonte - CSO Crocevia (AL) / Trentino - CSA Bruno (TN)/ Friuli VG - CSO Clandestino