di MATTIA PELLI
Bruno ha trovato casa: non dovrà più temere le minacce di sgombero e questa volta i cattivi cacciatori dovranno tornarsene a casa con le pive nel sacco. Questa casa, con tutta probabilità, sarà proprio l'edificio dell'area ex Zuffo, occupato poco meno di tre mesi fa. Parola di sindaco: Alberto Pacher rompe gli indugi e spiega che l'accordo con Officina sociale e tutti coloro che hanno partecipato all'occupazione è alle porte. «Quell'edificio - dice - è la soluzione migliore, l'ideale per il tipo di attività fatte da quei giovani. E' dunque la prima opzione. Se però ci fossero dei problemi logistici, troveremmo un'alternativa». L'unica condizione posta dal sindaco di Trento è che gli occupanti riconsegnino le chiavi all'amministrazione comunale, per sanare una situazione di illegalità e per dare il tempo necessario ai tecnici del Comune di verificare le condizioni dell'edificio e valutare la sua idoneità per un uso pubblico. Ma anche sui tempi Pacher pare avere le idee chiare: «Potrebbero uscire il giorno dopo il veglione di Capodanno e rientrare entro qualche settimana. Dico settimane, non mesi». Dunque, entro fine gennaio, i no global potrebbero rientrare all'ex Zuffo, questa volta in modo legale. Con un contratto in comodato d'uso: «Quello - spiega Pacher - che hanno tutte le associazioni e che prevede il pagamento di un affitto, naturalmente calmierato». Addirittura il sindaco spiega che gli occupanti potrebbero, in attesa del rientro, lasciare all'interno dell'edificio occupato le loro cose. Garanzie? «La garanzia - sottolinea reciso il sindaco - è che lo dico io». Intanto ieri è continuata l'assemblea degli occupanti che, vista anche la nuova apertura dell'amministrazione e le garanzie date su tempi e destinazione del centro sociale, ha deciso di dare fiducia al sindaco. «E' stato un parto difficile - spiega Donatello Baldo al termine della discussione - ma c'è l'impegno autorevole del sindaco e se gli accordi non venissero rispettati ancora una volta, credo che ci sarebbe mezza città ad occupare nuovamente con noi». Una vittoria per gli occupanti? «Non abbiamo stappato nessuna bottiglia - spiega Baldo -; c'è soprattutto attesa». I no global prevedono di riconsegnare l'edificio nei primi giorni di gennaio e assicurano che lo faranno in modo spettacolare e simbolico e che, nei giorni d'attesa per il rientro, cercheranno modi per restare insieme. Niente veglione di capodanno però al Csa «Bruno». Pare dunque concludersi il lungo braccio di ferro con l'amministrazione iniziato nel 2001 con la prima occupazione dell'ex Zuffo, continuato con la palazzina Liberty e la nuova «presa» dell'edificio abbandonato alla Vela. Alla fine di questo percorso c'è il riconoscimento politico da parte dell'amministrazione («Lì - dice Pacher - si aggrega una parte della città»). Ora toccherà ai dieci garanti mettere a punto in un nuovo incontro con l'amministrazione i dettagli tecnici dell'accordo. Poi, se non ci saranno colpi di scena, come molte altre città italiane, anche Trento avrà il suo centro sociale.
«Aiutiamo il loro impegno»
Cesare Maestri scrive al primo cittadino
«Caro Alberto, dall'ospedale S. Chiara dove sono ricoverato voglio esprimerti la mia completa ed assoluta adesione all'umanissimo messaggio mandato dai "garanti" in relazione al caso ex Zuffo. Caro sindaco, abbracciandoti con affetto, ti prego di dare fiducia al disinteressato impegno sociale di quei ragazzi offrendo loro la possibilità di continuare a lottare con l'entusiasmo finora dimostrato contro l'ingiustizia e le meschinità. Con fiducia e rinnovato affetto. Cesare Maestri» Non è una roccia, è un uomo con le sue passioni e le sue debolezze. «Una volta pensavo di essere inossidabile, non è così... ma sono un uomo pubblico e ho il dovere di non mollare». E cosa ti combina Cesare Maestri, il più celebre alpinista trentino, dal suo letto d'ospedale? Prende carta e penna e scrive al sindaco Pacher per invitarlo a mantenere la promessa, e a dare uno spazio agli occupanti dell'ex Zuffo. «Il mio è un intervento impulsivo, sanguigno, senza intenti politici - spiega -. Qua non è che ci sia molto da fare, leggo i giornali, ed ho pensato che era giusto, anzi che c'era la necessità di dare un appoggio a questi ragazzi». I giovani di oggi sono figli dei giovani di ieri, dice Maestri, quindi c'è anche una nostra responsabilità. «Io non mi tiro indietro - continua - e dico diamo uno spazio a questi giovani nel quale possano gestire il loro modo di vedere il mondo». E il grande vecchio della montagna aggiunge un suggerimento. «Penso che dovrebbero andar via spontaneamente, per avere una carta in più da giocare - dice -, un modo per dire non siamo teppisti, siamo per la legalità. È vero che sono già stati fregati dopo l'occupazione della palazzina Liberty, ma andandosene avrebbero ancora più ragione». Maestri ha una sua visione: «In città ci sono tante caserme, prendiamone una e diamone una parte a quelli di sinistra, una parte a quelli di centro, e una parte a quelli di destra, facciamoli convivere: saranno gli stessi "utenti" a decidere se andare da una parte o dall'altra. E sarà la convivenza a dire chi ha tendenza a socializzare». Servirà l'appoggio di una grande personaggio come Maestri? Di certo Cesare Maestri è molto amato dai giovani. «Ho sempre cercato di mostrare loro come si affronta la montagna, intesa come natura in generale - spiega -. Con la scusa di andare a spasso o a caccia fotografica di marmotte, come la scorsa estate grazie al programma varato dall'Apt, insegno ai bambini che la montagna va amata, rispettata, e temuta». E lo scorso anno, dopo aver portato in giro tutta l'estate i «boci», Maestri ha pensato anche ai ragazzi che non si possono muovere, devolvendo il suo lavoro di guida alla lotta alla distrofia muscolare. Adesso che un leggero malore lo tiene in ospedale, dove resterà ancora per pochi giorni in attesa dell'esito di alcuni esami, Maestri confida: «Il mio benessere psichico è legato al benessere fisico di fare fatica... compatibilmente con l'età». In ospedale fa le scale quattro volte al giorno, su e giù dal piano terra al quinto piano, cinquecento scalini alla volta. E poi aggiunge un pensiero per il personale della neurologia: «Sono grato di essere in un reparto dove ci sono professionalità e umanità. Da trentino, quale mi sento profondamente, sono orgoglioso di vedere che nella mia città c'è qualcosa che funziona». R. B.
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