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Above the tree - Blues minimal
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"Il percorso artistico di Above The Tree (l’intelligente creazione del marchigiano Marco Bernacchia, già M.a.z.c.a., Gallina e Al:Arm!) prosegue con “Minimal Love”. Se nel precedente “Blue Revenge” prevaleva l’istinto naturalista, in “Minimal Love" prevale un’idea di mosaico psichedelico mistico ma disturbato. Dopo il preludio di “Donkey’s Eyes”, Bernacchia passa così in rassegna tutta una serie di felici congetture lisergiche; dalla trance hare krishna di “70% Of Hate” al cicaleccio illusionista “Let Me Know”, dalla meditazione folk di “Plotone negro” al quadretto appalachiano di “Ta - Ta - Ta - T”, finanche al piccolo collage elettroacustico blues-rock di “Go Home” e alla curiosa nenia assorta da radio microfono di “Paparinski”.
L’autore si riscopre nuovamente dipintore (talvolta facendo prevalere i corredi sonici, come il vociare confuso, i timbri di farfisa e di cornamusa, i rumori di una macchina da scrivere, sull’armonia portante), ma con un aumentato coraggio.
Qua e là fanno capolino pezzi che cominciano a rilevare una forma riconoscibile, come “Gli oggetti”, degna dei Flaming Lips più lineari, o la strimpellata di “Hallo Winter”, o ancora lo stornello Barrett-iano (ma anche Incredible String Band) di “Bunny In Love”, mentre altri rimangono solamente inerti, come “Le signorine che nuotano” o “Silent Song”. Complice anche la grande co-produzione (ben sette indie-label: Boring Machines, Marinaio Gaio, Brigadisco, About A Boy, Untouchable Woman, Shipwreck, Stonature), seppur in tiratura limitata a 400 copie numerate, il disco sfonda la barriera del suono e divide critica e pubblico.
Il pubblico ne apprezza l’obliquità, la critica il fascino mefistofelico, non capendo la poetica di sintassi e abbrivio, alterazione e lindore. Consistente anche lo stuolo di collaboratori: Michele Grossi, Mattia Coletti, Marco Cattaneo, Maurizio Gianotti. Registrato in camera da letto." Michele Saran
L’autore si riscopre nuovamente dipintore (talvolta facendo prevalere i corredi sonici, come il vociare confuso, i timbri di farfisa e di cornamusa, i rumori di una macchina da scrivere, sull’armonia portante), ma con un aumentato coraggio.
Qua e là fanno capolino pezzi che cominciano a rilevare una forma riconoscibile, come “Gli oggetti”, degna dei Flaming Lips più lineari, o la strimpellata di “Hallo Winter”, o ancora lo stornello Barrett-iano (ma anche Incredible String Band) di “Bunny In Love”, mentre altri rimangono solamente inerti, come “Le signorine che nuotano” o “Silent Song”. Complice anche la grande co-produzione (ben sette indie-label: Boring Machines, Marinaio Gaio, Brigadisco, About A Boy, Untouchable Woman, Shipwreck, Stonature), seppur in tiratura limitata a 400 copie numerate, il disco sfonda la barriera del suono e divide critica e pubblico.
Il pubblico ne apprezza l’obliquità, la critica il fascino mefistofelico, non capendo la poetica di sintassi e abbrivio, alterazione e lindore. Consistente anche lo stuolo di collaboratori: Michele Grossi, Mattia Coletti, Marco Cattaneo, Maurizio Gianotti. Registrato in camera da letto." Michele Saran
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