TRENTO. «Il Bruno è vivo e non morirà». È una sorta di grido di battaglia quello lanciato dagli attivisti del Centro sociale che occupano dall'ottobre del 2007 gli spazi dell'ex Dogana. Entro l'anno la proprietà dello stabile passerà dalla Provincia alla Cooperazione, ma loro non hanno alcuna intenzione di andarsene. «Se non ci verrà assegnata un'altra sede, noi non ci muoveremo», dicono chiaro e tondo. «In passato ci siamo già fidati delle promesse del sindaco e siamo stati gabbati, questa volta non accadrà. La nostra esperienza non può finire».
Dopo il via libera della Provincia all'acquisizione dell'area ex Italcementi, si scatena in città un "Tetris" immobiliare. Come anticipato ieri, l'Iti Buonarroti e l'istituto per geometri Pozzo lasceranno il centro città per trasferirsi a Piedicastello. Il rettorato farà spazio in via Belenzani all'allargamento della sede della Cassa Rurale e traslocherà in via Calepina, nei locali di palazzo Sardagna che saranno "abbandonati" dal Museo di Scienze che s'insiederà all'ex Michelin. Un giro di valzer che tocca anche l'ex Dogana. Lo stabile rientra nella permuta che sarà siglata tra Provincia e Coop e dovrebbe permettere agli uffici di via Segantini di allargarsi.
Ma c'è un dettaglio non da poco. Attualmente la palazzina è occupata dal Centro sociale Bruno, che si è insediato in questi locali nell'ottobre del 2007 in seguito agli sgomberi subiti all'ex Mayer, all'ex Zuffo e - prima ancora - alla palazzina Liberty di piazza Dante. La Provincia - proprietaria dell'immobile - in questi anni ha sostanz
ialmente chiuso un occhio, anche perché i ragazzi del Bruno hanno dimostrato maturità. Ora, però, con il passaggio alla Cooperazione la musica cambierà. Il presidente Dellai ha fatto appello al «senso di responsabilità di tutti», invitando gli attivisti a lasciare. Ma Stefano Bleggi, protavoce del Bruno, non ha alcuna intenzione di abbandonare la sede dell'ex Dogana senza un'alternativa concreta.
«In passato - spiega - siamo già stati gabbati. All'ex Zuffo ci avevano assicurato che ci avrebbero fatto rientrare, e poi sappiamo com'è finita. L'ex Mayer è diventato una spianata di vegetazione selvatica. Questa volta le promesse non ci basteranno. Siamo pronti a discutere, ma senza un'altra sede non ce ne andremo». Un messaggio chiaro a Provincia, Comune e Cooperazione: se non si vuole far scoppiare un "caso Bruno", va trovata una soluzione condivisa. E non sarà facile.
«Nessuno - continua Bleggi - credo sia così ingenuo da firmare una permuta dimenticandosi che all'interno di un immobile c'è un'esperienza politica, sociale e culturale come quella del Bruno. Il senso di responsabilità lo deve dimostrare l'amministrazione, consapevole della nostra realtà. Siamo pronti a ragionare, ma devono esserci delle proposte concrete». E ancora. «Il Bruno è entrato nel cuore della città. Abbiamo iniziative ogni sera. Non possiamo essere ignorati né ghettizzati in aree industriali dismesse. Provincia e Comune hanno molti spazi vuoti in città e se vogliono possono trovare una soluzione. In Italia lo hanno fatto tante amministrazioni di sinistra, ma anche di destra. Devono farlo anche loro. Quel che è certo è che l'esperienza del Bruno non può finire. L'orso - conclude Bleggi - è vivo e vegeto e non verrà addomesticato».
di Jacopo Tomasi:
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