- 6 giugno: Assemblea cittadina
- 9 giugno: Controfase: musicazioni dal vivo di cortometraggi
- 10 giugno: Pink Parade
- 11 giugno: Boomdabash + Rebel Wave + Tarantattack
- 12 giugno: Assalti Frontali & Inoki + Alienation + Crossway Squad + Tha Block
Tra i tanti effetti collaterali che la crisi sta producendo in Trentino, alcuni elementi da non sottovalutare sono la sempre più diffusa assoggettazione alla governance locale e la percezione che, se fino a pochi anni fa qualcosa poteva svincolare dalla presa del potere politico-economico, oggi la cooptazione è un processo al quale la società trentina nel suo insieme fa sempre più fatica a sottrarsi. Soprattutto nei mondi della cooperazione, in quelli sociali e culturali, la necessità di navigare in acque calme e avere la sicurezza di un finanziamento della PAT significa sopravvivenza. Ne deriva un sistema di dipendenza con contraddizioni lampanti: la perdita di voce critica nei confronti del potere viene accompagnata dalla perdita di quella libertà e spinta innovativa che ogni esperienza che si forma genuinamente dal basso ha nei suoi geni. E se anche le briglie dell’istituzione non sono così strette da imporre la censura, il rischio è che entri in gioco, per timore di perdere il patrocinio, un meccanismo perverso di autocensura.
C’è insomma nell’aria una sindrome da “governo amico” e nei forzati processi di istituzionalizzazione i linguaggi e le pratiche si svuotano della loro potenza per renderli successivamente docili e controllabili.
Siamo alla gara dei paradossi: sono stati ingaggiati al Festival dell’Economia i più costosi economisti per sentirci dire che bisogna ritornare al capitalismo quando la crisi è stata prodotta dalle banche e dalla finanza mondiale; si susseguono Forum, Marce e giornate per la Pace, in cui le istituzioni decantano le doti di Trento quale oasi di pace, mentre si strizza l'occhiolino a Finmeccanica e le banche armate e coi soldi pubblici si costruiscono basi militari; nel piano anticrisi approvato i soldi invece di andare ai precari vengono regalati alle imprese (che poi chiudono) e ai soliti speculatori del mattone. A Rovereto, una città con due inceneritori industriali, senza un piano rifiuti degno di questo nome e con dati preoccupanti dei medici sull’elevato tasso di diossine presenti nel latte materno, tra pochi giorni si terrà una notte verde a emissioni zero. Verrebbe da sorridere se non fosse tragico pensare che si parla di impatto zero quando la cattiva politica è la diretta responsabile delle nocività ambientali come i 70 km, solo in Trentino, di nuove gallerie chiamate TAV o l’inceneritore a Ischia Podetti. E se pensiamo al funzionamento dei tre principali sindacati, a parte una piccola schiera di sindacalisti tenaci, non è azzardato e fazioso pensare che siano paragonabili né più né meno a un ufficio pubblico esternalizzato, dove si trovano solo quei servizi fiscali che danno accesso agli ammortizzatori sociali.
Costruire alternativa dal basso
La compattezza e le ampie ali protettive della governance locale necessitano quindi di far vivere appieno le esperienze politiche e sociali che nascono dal basso dentro i percorsi della libertà e della indipendenza. Nel vivere in questa crisi facciamo appello a tutte le soggettività per affermare che c’è la necessità di costruire reti di lotta alternative a questo stato di cose, che è possibile rompere il classico rapporto tra lotte e sviluppo: quello di cui abbiamo bisogno non è avere più sviluppo, ma averne meno e di diverso tipo.
L’indipendenza quindi non assume solo caratteristiche di alterità al potere, ma diventa un concetto con il quale decliniamo quotidianamente la nostra azione su nuove pratiche di vita, da forme autogestite di produzione di energia e alimenti, alla costruzione collettiva di forme artistiche, culturali e di comunicazione, dalla ridistribuzione della ricchezza alla riappropriazione del reddito.
Indipendenza e autonomia dunque come modalità con le quali praticare il comune e non come pensiero per creare nuovi confini blindati o piccole patrie. E attraverso la ricerca di percorsi reali di liberazione dal controllo sociale, dall’omofobia, dal razzismo e dai fascismi, riprendersi nel concreto la parola libertà troppe volte abusata e svilita da partiti e da coloro che ne fanno l’ennesima ideologia.
Il festival di inizio giugno ha la piccola ambizione di far emergere quella nuova narrazione, quel protagonismo non solo generazionale che in quest’ultimo anno abbiamo respirato anche in Trentino. Ha la volontà di mettere al centro dell’attenzione la costruzione politica del comune e condividerla con coloro che lo vogliono attraversare. Un festival che si propone come molte cose insieme: l’espressione di una comunità sociale e politica che non ha mai smesso di sognare un mondo diverso e più giusto, ma anche uno spazio pubblico da poter vivere sia per l’assemblea del lunedì che per le serate di musica e cultura.
Un laboratorio di vera cooperazione per creare delle brecce che diano respiro a un tessuto sociale che rischia di infeltrirsi: la scelta quindi del venerdì di uscire dalle mura del Bruno, per proporre a tutti e tutte una Pink Parade durante la quale ricordare l’importanza degli spazi sociali e costruire una scia di energia e potenza capace di rompere l’apatia trentina. Un linguaggio differente con la volontà di comunicare che per uscire dalla crisi non serve qualche spicciolo dato a pioggia, ma occorre rimettere in discussione l’intera società e i suoi rapporti consolidati di comando.
Per far questo sappiamo già di non bastarci!
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