Informazioni sul progetto:
[ INDIEtrotutta! ]
ore 21.00
Fumetto da Jurka: presentazione di Hannes Pasqualini
[ vedi l'appuntamento ]
a seguire
BloodySound Fucktory
www.myspace.com/bloodysound
Bloody Sound Nasce nell’estate del 2004 ad Ancona come fanzine cartacea autoprodotta, autofinanziata e autodistribuita nel circuito underground locale e nazionale.
L’intenzione iniziale e’ quella di vivacizzare e valorizzare la scena musicale indipendente del nostro territorio, facendola crescere e dandole l’opportunita’ di essere conosciuta anche al di la’ dei confini regionali.
Col tempo il progetto si e’ sviluppato in piu’ direzioni, fino all’attuale forma di “laboratorio creativo” che si occupa principalmente di: produzioni discografiche indipendenti, organizzazione e promozione di eventi, grafica, comunicazione, il tutto fieramente gestito e portato avanti con un’attitudine/etica fieramente Do It Yourself.
Apertura Centro sociale ore 20.30
Inizio concerto ore 22.15
Sottoscrizione 4 euro, chi entra prima delle 21.30 paga la metà
[ INDIEtrotutta! ]
ore 21.00
Fumetto da Jurka: presentazione di Hannes Pasqualini
[ vedi l'appuntamento ]
a seguire
BloodySound Fucktory
www.myspace.com/bloodysound
Bloody Sound Nasce nell’estate del 2004 ad Ancona come fanzine cartacea autoprodotta, autofinanziata e autodistribuita nel circuito underground locale e nazionale.
L’intenzione iniziale e’ quella di vivacizzare e valorizzare la scena musicale indipendente del nostro territorio, facendola crescere e dandole l’opportunita’ di essere conosciuta anche al di la’ dei confini regionali.
Col tempo il progetto si e’ sviluppato in piu’ direzioni, fino all’attuale forma di “laboratorio creativo” che si occupa principalmente di: produzioni discografiche indipendenti, organizzazione e promozione di eventi, grafica, comunicazione, il tutto fieramente gestito e portato avanti con un’attitudine/etica fieramente Do It Yourself.
Apertura Centro sociale ore 20.30
Inizio concerto ore 22.15
Sottoscrizione 4 euro, chi entra prima delle 21.30 paga la metà
* LLEROY - Ancona
www.myspace.com/lleroymusic
Da Jesi, Ancona, i Lleroy pubblicano in proprio l'Ep di debutto nel 2003 ("Raptus"), permettendosi di rielaborare con fare quasi infantile (ma comunque personale) l'hardcore vecchia scuola, soprattutto alzando i volumi di effetti di chitarra e appesantendo le cadenze della sezione ritmica. Così, Frè (chitarra e voce), Già (basso) e Ceccà (batteria), cinque anni dopo, danno finalmente alle stampe il vigoroso "Juice Of Bimbo", su Sweet Teddy. Qui i tre riprendono il discorso dal rifforama catartico di "Tetsuo", subito seguito da rincorse hardcore, accordi metallici slabbrati e una lunga serie di duelli di distorsioni alla Stooges, e da "Debbie Suicide", volta piuttosto a un hard-rock psicotico ricolmo di distorsioni eccentriche come magmi luciferini, puntellata da canto sgolato ma appena percepibile.
Nei momenti più conservatori, i Lleroy prendono sfogo nella solenne sfuriata grunge di "The Lost Battle Of Minorca", nel pieno stile Shellac di "Border", nell'hardcore informe di "In My Head" (con canto più prominente), e - agli antipodi - nella curata e più convenzionale "1-2-3 Kid" (laddove, però, il riff alla Nirvana arriva a farsi via via muro di rumore). Meglio ancora "Naked Violet", un rapido attacco sonico di chitarra dissonante e tempi doppi di batteria, o il ritmo acrobatico di "Magnete", costruita su cambi di tempo vertiginosi cui partecipa anche la voce.
Tutto con le carte in regola: l'infallibile produzione di "Ragno" Favero (e Ferliga), l'artwork di Refo, la masterizzazione di Giannetti, gli interventi di post-produzione particolareggiata (l'elettronica di Marco Fagotti, il synth di Doktor Pepe in "Border"), così come la ricetta sonica che fonde staticamente diversi livelli di retronuevo, dal grunge al post-hardcore, perfino a tenui rimandi alle sfuriate istintive degli Squirrel Bait. Eppure qua e là c'è qualcosa di extra-sensoriale, specie nei livelli quasi maniacali di densità delle distorsioni, negli squinternati miasmi della chitarra, oppure nella cappa confusionaria che - nel bene e nel male - opprime gli slanci del canto. Emblematica cartina tornasole del neonato fermento della scena anconetana.
Nei momenti più conservatori, i Lleroy prendono sfogo nella solenne sfuriata grunge di "The Lost Battle Of Minorca", nel pieno stile Shellac di "Border", nell'hardcore informe di "In My Head" (con canto più prominente), e - agli antipodi - nella curata e più convenzionale "1-2-3 Kid" (laddove, però, il riff alla Nirvana arriva a farsi via via muro di rumore). Meglio ancora "Naked Violet", un rapido attacco sonico di chitarra dissonante e tempi doppi di batteria, o il ritmo acrobatico di "Magnete", costruita su cambi di tempo vertiginosi cui partecipa anche la voce.
Tutto con le carte in regola: l'infallibile produzione di "Ragno" Favero (e Ferliga), l'artwork di Refo, la masterizzazione di Giannetti, gli interventi di post-produzione particolareggiata (l'elettronica di Marco Fagotti, il synth di Doktor Pepe in "Border"), così come la ricetta sonica che fonde staticamente diversi livelli di retronuevo, dal grunge al post-hardcore, perfino a tenui rimandi alle sfuriate istintive degli Squirrel Bait. Eppure qua e là c'è qualcosa di extra-sensoriale, specie nei livelli quasi maniacali di densità delle distorsioni, negli squinternati miasmi della chitarra, oppure nella cappa confusionaria che - nel bene e nel male - opprime gli slanci del canto. Emblematica cartina tornasole del neonato fermento della scena anconetana.
* BUTCHER MIND COLLAPSE - Ancona
www.myspace.com/butchermindcollapse
Butcher Mind Collapse è, in parole povere, un riassunto di tre realtà nostrane (base a Jesi, provincia di Ancona): i Lebowski, dediti a un noise-rock d'ispirazione post-punk con piccole inserzioni elettroniche dissonanti, quasi una versione lineare delle nevrosi industrial di Reznor ("Per lei giovanile bellezza"; autoprod., 2007), i Guinea Pig, dediti a un post-hardcore rumoristico e fratturato alla maniera di San Francisco ("Guinea Pig"; Psychotica, 2005), e i Jesus Franco and the Drogas, il cui demo autoprodotto del 2007 richiama un misto del no-sense di Les Claypool e del rock'n'roll depravato degli Mc5. Dai Lebowski proviene il chitarrista Riccardo Franconi, da Jesus Franco proviene il chitarrista e sassofonista Nicola Amici, e dai Guinea Pig il chitarrista Giampaolo Pieroni (che nei Butcher diventa batterista) e il secondo chitarrista Jonathan Iencinella (ora vocalist a tempo pieno dei Butcher).
Il primo Ep dei Butcher, prodotto da Mattia Coletti della Wallace, è una intelligente versione dello spazzcore più lascivo e dissociato, ma è soprattutto in "Sick Sex" che la ricetta è messa a fuoco. Nell'arco dei suoi venti minuti scarsi di durata, "Holy Weekend" si distingue subito per la sua rapida scarica epilettica di riff tanto elementari quanto brutali, fratture ritmiche voodoobilly, canto demente e dissonanze a mo' di schegge, all'insegna di una globale instabilità armonica. "Cunt Face" è la degna prosecuzione di tale instabilità: cow-punk stridente, chiacchiericcio in rima alla Captain Beefheart, coro "Oi" quasi satanico e schizzate soniche della chitarra in flamenco di contorno.
"Devil With Tits" sembra esporre un riff blues-rock dei White Stripes sotto acido muriatico, con un canto dissociato che porta tutto al refrain garage-punk danneggiato dei primi Royal Trux, denunciando una vera e propria carenza di articolazione semantica (non solo instabilità). "Monkeys Don't Suck" e "Nazi Chicken" dirottano in modi diversi (ma affini) il verbo hardcore: la prima tormenta con strappi e fratture degni delle Erase Errata un riff acidulo su tempo supersonico, la seconda vira ai registri dei Black Flag più truci, con l'eccezione che buona parte degli spezzoni di chitarra non articola riff, ma vomita putride dissonanze.
"Goddess Dustman", la piece più articolata, è in realtà germinata da una danza macabra di batteria, e parafrasata da chitarre sardoniche alla Marc Ribot, cantilene Waits-iane e umore da teatrino degli orrori. "Pop-A-Luma" recupera le chitarre ostili dei Big Flame e lo speedcore goliardico dei Dead Kennedys, per poi mutare in ritmo hard-rock e tornare a nuove variazioni insensate.
E' soprattutto un disco-pallottola paradossale, un piccolo rituale che ha il dono della perizia e lo sfregio della spericolatezza, ma che rende l'illusione di procedere lento e catartico per consentire di apprezzarne tutte le brutture: stilistiche, ritmiche, armoniche. Riesce a non cercare disperatamente l'ancora di salvezza dell'invenzione facile (meccanismo quasi automatico, in questi casi) e a reggersi sulla coerenza di strutture zigzaganti e portantine armoniche al limite dell'eresia. Produzione di Ragno (Giulio Favero, già One Dimensional Man, Teatro Degli Orrori e Putiferio) e Giovanni Ferliga, masterizzazione di Maurizio Giannoti, artwork di Refo. Co-produzione con: Valvolare Records, Marinaio Gaio, Sweet Teddy e Dizlexiqa.
Il primo Ep dei Butcher, prodotto da Mattia Coletti della Wallace, è una intelligente versione dello spazzcore più lascivo e dissociato, ma è soprattutto in "Sick Sex" che la ricetta è messa a fuoco. Nell'arco dei suoi venti minuti scarsi di durata, "Holy Weekend" si distingue subito per la sua rapida scarica epilettica di riff tanto elementari quanto brutali, fratture ritmiche voodoobilly, canto demente e dissonanze a mo' di schegge, all'insegna di una globale instabilità armonica. "Cunt Face" è la degna prosecuzione di tale instabilità: cow-punk stridente, chiacchiericcio in rima alla Captain Beefheart, coro "Oi" quasi satanico e schizzate soniche della chitarra in flamenco di contorno.
"Devil With Tits" sembra esporre un riff blues-rock dei White Stripes sotto acido muriatico, con un canto dissociato che porta tutto al refrain garage-punk danneggiato dei primi Royal Trux, denunciando una vera e propria carenza di articolazione semantica (non solo instabilità). "Monkeys Don't Suck" e "Nazi Chicken" dirottano in modi diversi (ma affini) il verbo hardcore: la prima tormenta con strappi e fratture degni delle Erase Errata un riff acidulo su tempo supersonico, la seconda vira ai registri dei Black Flag più truci, con l'eccezione che buona parte degli spezzoni di chitarra non articola riff, ma vomita putride dissonanze.
"Goddess Dustman", la piece più articolata, è in realtà germinata da una danza macabra di batteria, e parafrasata da chitarre sardoniche alla Marc Ribot, cantilene Waits-iane e umore da teatrino degli orrori. "Pop-A-Luma" recupera le chitarre ostili dei Big Flame e lo speedcore goliardico dei Dead Kennedys, per poi mutare in ritmo hard-rock e tornare a nuove variazioni insensate.
E' soprattutto un disco-pallottola paradossale, un piccolo rituale che ha il dono della perizia e lo sfregio della spericolatezza, ma che rende l'illusione di procedere lento e catartico per consentire di apprezzarne tutte le brutture: stilistiche, ritmiche, armoniche. Riesce a non cercare disperatamente l'ancora di salvezza dell'invenzione facile (meccanismo quasi automatico, in questi casi) e a reggersi sulla coerenza di strutture zigzaganti e portantine armoniche al limite dell'eresia. Produzione di Ragno (Giulio Favero, già One Dimensional Man, Teatro Degli Orrori e Putiferio) e Giovanni Ferliga, masterizzazione di Maurizio Giannoti, artwork di Refo. Co-produzione con: Valvolare Records, Marinaio Gaio, Sweet Teddy e Dizlexiqa.
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