5.12.11

Lunedì 5 dicembre: Serata pubblica "Un lavoro per vivere non per morire"




Lunedì 5 dicembre ore 20.30
c/o Sala circoscrizionale di via Perini 2
Serata pubblica "Un lavoro per vivere non per morire"

Storia della Tricom Galvaniga di Tezze del Brenta


La fabbrica TRICOM GALVANICA apre nel 1971 e chiude a fine 2003.
Subito emergono inquinamenti ambientali gravissimi, condizioni di lavoro ad elevata nocività per sostanze tossiche presenti, in ripetuta violazione di norme ed impegni con i rappresentanti dei lavoratori e nonostante comunicazioni giudiziarie e richieste di rinvio a giudizio nei confronti dei titolari dell’azienda.
Le conseguenze: un alto numero di lavoratori esposti agli agenti chimici, 14 lavoratori morti per neoplasie polmonari collegabili a cromo esavalente, cloruro di nichel, piombo, cianuri, altri composti tossici.
Un primo processo penale per reati ambientali (inquinamento ed avvelenamento di acqua e suolo in un’area vasta 12 kmq per una profondità di 25 mt. per un periodo che va dal 1974 al 2003) tenutosi dal 2003 a Cittadella (PD) si è concluso nell’ottobre 2006 con la sentenza di condanna per avvelenamento ambientale di un solo imputato a 2 anni e 6 mesi di reclusione (indultati) e al risarcimento di 2,5 milioni di euro. L’area di insediamento della fabbrica resta però fortemente inquinata e il fallimento del 2003 ha reso impossibile il ripristino dell’area a spese dei responsabili e il pagamento dei danni.
Un secondo processo penale aperto a Bassano del Grappa nel 2006 ha riguardato le morti sospette degli operai. Ma questo processo penale non è stato favorevole:

- sia per la difficile gestione processuale (difesa della parte lesa inizialmente inconsistente, richieste di archiviazione da parte del PM, perizie di ufficio non competenti e schierate con gli imputati, interpellanze parlamentari senza esito);

- sia per la mancata punizione dei responsabili visto che titolari e dirigente della Tricom Galvanica PM sono andati assolti perché “il fatto non sussiste”.
In sostanza non sono stati considerati tutti i fattori di rischio (nonostante la documentazione dell’Arpav di Bassano e dello SPISAL di Padova);
è stata trascurata una perizia epidemiologica del CTU e privilegiata la ricerca del nesso causa effetto per ogni singolo caso;
è stato fatto riferimento a limiti di accettabilità troppo elevati provenienti da ambienti privati USA e da consulenti dei produttori di cromo;
sono stati considerati i tumori a vie respiratorie, seni paranasali, bronchi e polmoni ma ignorati altri possibili bersagli come cute, stomaco, prostata, reni, vescica;
è stato stabilito che il tumore polmonare è provocato da vari fattori e quindi non è possibile imputare al cromo la sua insorgenza; è stata ignorata l’interazione tra i vari fattori tumorali (per es. cromo e nickel, cromo e fumo di tabacco accogliendo anzi su quest’ultimo aspetto la tesi che fumare protegge dal tumore da cromo esavalente);
la riscontrata abitudine dei lavoratori morti al fumo è stato motivo per respingere il nesso di causa tra esposizione e malattia;
sono stati richiamati casi di familiarità per tumori;

- sia per il mancato risarcimento alle parti civili (di cui alcune nemmeno ammesse).

Il 24.5.2011 - alla notizia della sentenza - c'è stato un presidio di protesta di fronte al Tribunale di Bassano del Grappa durante il quale 6 componenti del Comitato Difesa Salute di Tezze sul Brenta e altri 2 componenti dell'analogo Comitato di Sesto S. Giovanni (MI) avrebbero - secondo una denuncia di polizia - commesso "imbrattamento e minacce".
A Trento il 12.12.2011 è fissata la prima udienza di questo processo.

Noi saremo con loro!

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